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Frontiere e prospettive dell’e-book e dell’editoria digitale

Nell’aprile del 2000, in un’intervista rilasciata a La Repubblica in occasione della sua presenza a Milano in qualità di ospite della Fondazione Mondadori, il professor Robert Darnton, storico newyorkese (classe 1939) dell’americana Università di Princeton, commentando un suo “scandaloso” articolo pubblicato dalla New York Review of Books e poi tradotto in Italia dalla Rivista dei Libri, aveva provato a dimostrare come la diffusione di testi elettronici in rete potrà contribuire a risolvere le difficoltà della saggistica specializzata in scienze umane. “Questo settore infatti – dichiarò Darnton in quell’occasione a Fabio Gambaro – è sempre più minacciato perché il suo pubblico è sempre più ristretto, di conseguenza gli editori tendono a ridurre le pubblicazioni che non sono abbastanza redditizie. I giovani studiosi quindi non riescono più a pubblicare i risultati delle loro ricerche e ciò è un problema per tutto il settore delle scienze umane. Secondo me, il libro elettronico può contribuire a superare questa crisi, proponendo in rete i testi dei ricercatori a costi molto più bassi. Questi testi elettronici avranno però una forma e una struttura del tutto diversa dal libro tradizionale (…). Il testo elettronico sarà come una piramide stratificata, che si può leggere a diversi livelli. Il livello superiore conterrà una specie di riassunto di tutti gli argomenti trattati. Al livello più basso ci saranno una somma di piccole monografie corrispondenti a ciascuno degli argomenti presenti. Al terzo livello figureranno le fonti e la documentazione, mentre al livello più basso sarà possibile dialogare con l’autore, attraverso commenti e domande. Saranno dunque possibili diversi tipi di lettura più o meno approfonditi, a seconda degli interessi personali”.

Darnton individuava così una frontiera originale e culturalmente degnissima, ma parallela, per il libro elettronico, conscio della difficoltà da parte dell’e-book di sostituirsi come supporto in toto (e nel pieno delle sue funzioni) al libro tradizionale: “Il libro tradizionale (…) non mi sembra in pericolo. La carta resterà insostituibile, anche perché il libro a stampa è un’invenzione perfetta (…). La lettura su carta resta più piacevole. Lo stesso Bill Gates ha dichiarato che non riesce a leggere sullo schermo più di quattro pagine”.

Certamente Darnton nel 2000 si imbatteva sullo scoglio principale che ostacolava e che impedisce ancor oggi il decollo dell’editoria e del mercato degli e-books: l’aspetto tecnico del supporto e l’assenza di uno standard universale riconosciuto. Manca infatti in primis un formato comune, ed il mercato tende (forse illogicamente) alla moltiplicazione dei formati di libro elettronico, piuttosto che alla creazione di un modello univoco.

Come giustamente ha notato Salvatore Romagnolo, nella sua conferenza virtuale on line ospitata il 5 dicembre 2003 all’interno dell’interessante iniziativa eBook Italian Forum 2003, ideata, promossa e coordinata da Luigi M. Reale: “Attualmente tra i formati più diffusi ci sono i file .pdf di Acrobat Reader (prodotto da Adobe), molto utilizzati in ambito informatico puro (…), seguiti dal formato .lit di Microsoft Reader (…) più mirato all’editoria pura, tanto da sembrare una sorta di emulazione elettronica dei libri tradizionali, soprattutto per quanto riguarda il formato delle pagine e dei caratteri. A questi due si aggiungono numerosi formati proprietari, a partire dal Palm eBook Reader, diffuso fra gli utenti dei palmari Palm, al recente formato proprietario per i libri elettronici da consultare con gli smartphone Nokia”. Ma il vero anello debole della catena pare essere proprio l’aspetto tecnologico e “pratico” dell’e-book, che allontana i potenziali fruitori dal libro elettronico anche (o forse soprattutto) per la scarsa comodità e la scarsa qualità dei lettori hardware di e-book finora realizzati, cui si deve unire anche l’eccessivo costo. Non solo: si debbono aggiungere anche i problemi legati all’autonomia del libro elettronico, che – mentre un libro cartaceo di certo non si “scarica” mai – richiede una notevole quantità di energia e dispone di un tempo di fruizione limitato a poche ore; oltre ai considerevoli limiti relativi alla qualità dell’esperienza della lettura.

“Leggere del testo su un display a cristalli liquidi retroilluminato – afferma infatti ancora Salvatore Romagnolo – con tutti i problemi di illuminazione, angolazione e orientamento che ne conseguono, non è la stessa cosa rispetto a osservare del testo nero su carta bianca opaca”. Per ovviare a questo problema, che influisce non poco a livello di fatica oculare, si stanno però attivando alcuni produttori: come E-ink, che sta sperimentando un’innovativa famiglia di display portatili che emulano l’effetto dell’inchiostro sulla carta, non richiedendo più la retroilluminazione; e come Matsushita, che ha presentato da pochissimo un lettore e-book rivoluzionario, dotato di un’autonomia record e di una notevole semplicità costruttiva, il cui punto forte è un display che non si aggiorna con un refresh, ma ridisegna l’immagine raffigurata solo ogni volta che l’utente decide di “girare” pagina.

Ma c’è anche chi, come Morena Terraschi, fiduciosa nel futuro dell’e-book, pur ammettendo che ora il libro cartaceo tradizionale è leggero, comodo, economico, ha un buon odore e si legge meglio di un testo su un monitor, ricorda a tutti come però il primo libro realizzato con la stampa a caratteri mobili, la Bibbia di Gutenberg, il progenitore dei libri che teniamo sui nostro comodini, stampato a Magonza intorno al 1455 in 180 copie, ed oggi superstite in 48 esemplari, non fosse poi così pratico… “La Bibbia di Gutenberg – ha postato infatti la Terraschi il 17 maggio 2001 sul sito di altrascuola.it – è un oggetto ingombrante: pesa 7,5 kg e misura 40 cm per 30, è scritta in caratteri gotici ed è di difficile lettura, visto che, a quel tempo, non esistevano le convenzioni tipografiche sulla punteggiatura, la spaziatura e gli a capo cui siamo abituati (…). Quello che mi preme sottolineare è che i primi libri erano molto scomodi e di difficile lettura. Certo l’editoria ha fatto passi di giganti dai primi libri realizzati con la stampa a caratteri mobili. Ora abbiamo libri leggeri, economici, leggibili. Perché allora non potrebbe essere lo stesso per i libri elettronici? I loro presunti difetti possono essere superati e di fatto già lo sono, dai progressi della tecnologia (…). Insomma i libri elettronici possono benissimo sostituire i libri di carta con qualche vantaggio in più”.

Il vero futuro, e forse le migliori prospettive, per l’e-book sono però con tutta probabilità da ravvisare, più che nell’editoria tradizionale, in quella cosiddetta “fai da te”. Ora infatti con i formati elettronici chiunque può pubblicare e distribuire praticamente a costo zero il proprio libro attraverso il web.
O forse ancor migliore utilizzazione potrà avvenire per quelli che vengono chiamate “print on demand” oppure “publishing on demand”. Molti autori o piccoli editori, infatti, vi ricorrono per realizzare a costi limitati un e-book e poi produrne un numero ridotto di copie stampate, con tirature limitate, o addirittura con la produzione e la rilegatura di una singola copia da un offset laser industriale al momento della richiesta del cliente.

E su questa linea paiono indirizzarsi anche l’editoria “ufficiale” ed i grandi produttori di software. Nell’aprile 2003, infatti, Microsoft, Fiera Internazionale del Libro di Torino ed il portale web 365 Giorni in Fiera hanno promosso il “Progetto eBook”, che vuol puntare a consentire agli editori di cogliere le interessanti opportunità di sviluppo offerte dal libro in formato digitale.

Assieme al più ampio catalogo mondiale mai realizzato di libri elettronici (oltre 4.000 titoli in tutte le lingue), Progetto eBook ha puntato alla cosiddetta alfabetizzazione al libro elettronico, con la coscienza però – parola di Mauro Meanti, amministratore delegato di Microsoft Italia – che “il contributo che il formato digitale può offrire al settore editoriale va inteso non tanto nel senso della sostituzione del classico formato cartaceo con quello elettronico, bensì in quello di una migliore collaborazione fra l’editoria di Guttenberg e quella dei new media, che tenga conto anche di nuove forme di fruizione ormai entrate a far parte della nostra vita quotidiana (…). Presto il libro elettronico si rivelerà un passo verso la condivisione di una cultura senza barriere e contribuirà in maniera significativa all’arricchimento dei cataloghi degli editori italiani, come già sta avvenendo in altri Paesi in tutto il mondo”.

È indubbio d’altronde che il libro elettronico, qualora migliorassero le nuove tecnologie di lettura digitale, potrebbe eliminare gran parte dei problemi di stampa e di distribuzione. Come ben sta già sperimentando lo scrittore-ingegnere Roberto Vacca, che ormai ha deciso da alcuni anni (e con discreto successo) di vendere i suoi libri on line, dal suo sito internet, “perché vendere i libri in modo tradizionale – ha affermato Vacca a MediaMente.it – è inefficiente e costoso: ci sono varie tonnellate di carta da immagazzinare e portare in giro. E gli editori non sanno fare il loro mestiere, non lanciano e non distribuiscono i libri in modo opportuno. Invece trasferire i bit di libri online è molto più efficiente ed economico e protegge l’ambiente, non si distruggono le foreste inutilmente e non si mandano in giro camion”.

Ma per Gino Roncaglia si dovrebbe tendere ad escludere dal novero dei libri elettronici veri e propri “anche i casi in cui il testo elettronico funge unicamente da "supporto di trasferimento" dell'informazione: i testi elettronici destinati alla stampa su carta (come accade nel caso del print on demand o di formati elettronici sviluppati con lo scopo specifico di ottimizzare la resa a stampa) possono certo rivoluzionare i meccanismi tradizionali di distribuzione dei libri, ma l'oggetto informativo utilizzato dall'utente per la lettura resta comunque un libro a stampa, non un libro elettronico. Da questo punto di vista, il print on demand trova il proprio spazio specifico in una situazione contingente e di transizione (anche se la transizione non sarà necessariamente brevissima): quella nella quale il testo elettronico rappresenta uno strumento di distribuzione dell'informazione di gran lunga più comodo ed economico rispetto al libro a stampa, ma il libro a stampa rimane lo strumento ergonomicamente più comodo per la lettura da parte dell'utente finale”.

Invece – come ritiene Luigi M. Reale – l’e-book (per il quale apre le porte nella sua definizione anche a prodotti che forse Roncaglia non avrebbe inserito nel novero) si affermerà certamente per le opere di grande consultazione, soprattutto negli ambiti professionali tecnici, come ad esempio in quello giuridico, per i testi di codici, leggi e sentenze, che già oggi sono ampiamente diffusi dall’editoria elettronica su cd-rom e appaiono sempre più disponibili anche su internet, la rete globale che consente non solo l’acquisizione gratuita o l’acquisto dei libri elettronici, ma anche il loro immediato aggiornamento, fattore questo nettamente più vantaggioso rispetto ai tradizionali libri cartacei.

E tra le curiosità, che legano ancora in modo forse ambiguo ma decisamente interessante la vecchia editoria a quella elettronica, c’è sicuramente da segnalare anche lo standard, sviluppato da un’azienda di Firenze, denominato QUID e-b2 (acronimo di Quality in Image Definition e-book-book), che utilizza le tecnologie informatiche per favorire la conservazione e la fruizione di testi antichi e rari, proponendo edizioni digitali (attualmente su cd-rom) di manoscritti antichi e di libri rari.

Ma il settore librario ed umanistico nel quale l’informatica ha fatto decisamente e storicamente più breccia è stato nel recente passato senz’altro quello della biblioteconomia e dell’archivistica, per il quale però si pone ora, soprattutto (ma non solo) relativamente agli e-books, anche un nuovo problema: quello della catalogazione. Sin dal 1999 Giovanni Bergamin, ad esempio, prospettava – nella sua relazione, tenuta durante il convegno internazionale sulla biblioteca digitale, svoltosi a Bologna in quel anno – la necessità di adottare uno standard comune per la documentazione in formato elettronico da conservare e consultare in biblioteca, od eventualmente dare in prestito agli utenti che la richiedano. Un problema quello del nuovo materiale da schedare che ne apre anche altri per le biblioteche del futuro, come quello della gestione e della sistemazione degli spazi per far fronte ai nuovi bisogni di conservazione e di fruizione del materiale elettronico.

Infine c’è da ricordare un altro dibattito che sta cominciando ad agitarsi nel settore dell’editoria degli e-books: quello relativo alla tutela ed alla protezione dei contenuti digitali. Negli USA, ad esempio, è stato sviluppato il progetto DOI-EB (Digital Object Identifier for eBook), una sorta di codice ISBN, che dovrebbe diventare standard universale di classificazione dei testi elettronici, e che con la sua assegnazione alle opere digitali dovrebbe consentire l’identificazione in modo univoco, garantendo così anche la proprietà intellettuale.



Pietro Bortoluzzi

Nato a Venezia il 4 gennaio 1965, vive da sempre nel sestiere di San Marco. Si è laureato all'Università Ca' Foscari di Venezia prima in Lettere, poi una seconda volta in Storia, infine ha conseguito una terza laurea specialistica in Informatica per le Discipline Umanistiche nel marzo 2004 (con una tesi sull'applicazione di modelli di marcatura xml all'edizione critica di un'epitome liviana).
Dopo aver svolto per alcuni anni l'attività di commerciante come antiquario, dal 1992 è professore in ruolo ordinario negli Istituti Superiori della provincia di Venezia. Dal 2000 insegna lettere e latino al Liceo Scientifico Benedetti di Venezia.
Ha al suo attivo alcune pubblicazioni di materia veneziana.
Attivo anche in campo giornalistico (è iscritto da diversi anni come pubblicista all'Ordine dei Giornalisti del Veneto), ha favorito la redazione di piccole testate locali indipendenti ed ha collaborato dai primi anni '90 con varie testate, anche radiofoniche.