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Origini dell'ipertesto I: il Memex di Vannevar Bush

Quando è nato l' ipertesto?

Se consideriamo ipertesto qualunque testo che comprenda un commento al testo o un commento al commento e che permetta una lettura alternativa a quella lineare, allora l'ipertesto ha origini molto lontane: il codice medievale che riporta il testo della Bibbia o un testo giuridico con il suo corredo di glosse, e di glosse alle glosse, rappresenta già un esempio di ipertesto.

L'invenzione della stampa ha determinato una modifica della rotta: il testo è stato imprigionato in una forma chiusa che per molto tempo è stata considerata l'unica possibile: usando il libro a stampa, il collegamento fra testi diversi si poteva creare solo grazie alla memoria e al bagaglio di competenze del lettore.

Il primo ad aver concepito il moderno ipertesto - senza però dargli questo nome - è stato negli anni '30 Vannevar Bush, direttore dell'ufficio per la ricerca e lo sviluppo scientifico del governo americano nel secondo dopoguerra.

Bush era partito dalla considerazione che i tradizionali sistemi di archiviazione di dati, basati su categorie o su criteri alfabetici o cronologici, non riflettevano i meccanismi della mente umana, che ragiona e ricorda per associazione: in "As we may think", articolo pubblicato nel '45, Bush immagina il Memex come  un'estensione della mente umana, un macchinario basato su più lettori di microfilm capace di gestire con azioni meccaniche collegamenti a elementi diversi quali immagini, testi a stampa e manoscritti: la tecnologia disponibile all'epoca non permetteva infatti di realizzare ancora l'ipertesto elettronico e in realtà non permetteva di realizzare neanche il Memex.
Destinato a rimanere sulla carta, il Memex di Bush ha avuto un altro merito: concepito come una macchina individuale, ha permesso di identificare un nuovo, importante soggetto, l'utente, destinato a condizionare già lo sviluppo del primo ipertesto elettronico, l'NLS/Augment di Douglas Engelbart.