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Il concetto di "comunità" in sociologia: da comunità come luogo a comunità come simbolo

Come anticipato nell’introduzione, il termine “comunità virtuale” è un termine che non soddisfa completamente il compito di definire quelle situazioni in cui un gruppo di persone comincia ad incontrarsi stabilmente online, attraverso una delle tante possibilità che le rete offre (chat, newsgroup, forum, etc.), per poi creare qualcosa che, appunto, si avvicina all’idea classica di comunità ma che, allo stesso tempo, se ne allontana.
Una comunità online, infatti, manca di una delle caratteristiche base che classicamente definiscono il concetto di comunità: il trovarsi prossimi spazialmente, cioè l’essere a contatto nello stesso luogo, in modo da vivere la stessa realtà e creare dei valori e dei significati condivisi, quindi un senso d’appartenenza.

E’ vero che la comunità online si incontra in uno spazio comune che è quello del ciberspazio, ma questo spazio è uno spazio mentale, non fisico, che non permette il vivere insieme le stesse esperienze, se non l’esperienza stessa di comunicare online.

Per chiarire ulteriormente questi concetti, mi servirò dell’analisi magistrale di Jan Fernback (1999) che, appunto, ripercorre la storia del concetto di comunità in sociologia per arrivare, se non ad una definizione di comunità virtuale, almeno a capire quali sono i limiti di questo termine.

Jan Fernback nota che tradizionalmente il concetto di comunità è stato interpretato come un concetto spaziale, strettamente legato al luogo. Alla comunità corrisponde un luogo e viceversa.

Tönnies, nel suo lavoro più famoso Gemeinschaft und Gesellschaft (1887), contrappone i due idealtipi di comunità e società come i due estremi del processo di cambiamento e di progressiva razionalizzazione della modernità. La Gesellschaft è l’espressione dello zeitgeist dell’era moderna, fatto di interessi, bisogni, e desideri che spingono l’uomo verso una maggiore individualità e razionalità, allontanandolo dal senso di appartenenza, fratellanza, anche empatia, tipici della comunità, la Gemeinschaft.

Per Tönnies la Gemeinschaft è caratterizzata da un comune senso di appartenenza e di collettività che legavano insieme i membri in gruppi naturali, la cui organizzazione sociale era basata sulla proprietà comune e la fratellanza o sulla condivisione della stessa attività lavorativa e quindi dello stile di vita. E’ interessante notare come quest’ultima modalità di creazione della comunità, basata sulla condivisione della professione e dello stile di vita, sia molto simile a quello che successivamente verrà definito come “comunità di pratiche”.

Ritornando al nostro excursus sul concetto di comunità, Fernback fa notare come anche le nozioni di solidarietà organica e meccanica di Durkheim si avvicinino alla costruzione idealtipica di Tönnies, con la differenza che Durkheim vedeva la solidarietà organica, basata sull’eterogeneità degli individui e frutto di una progressiva divisione del lavoro tipica dell’era moderna e della razionalizzazione, come una tendenza positiva che allontanava dalla solidarietà meccanica, basata al contrario sulla similarità degli individui, tipica delle società pre-industriali. Tönnies, invece, vede l’allontanamento dalla Gemeinschaft come negativo, in quanto esso reprimerebbe l’istinto, la tradizione e la memoria collettiva in favore del progresso e dell’individualismo spinto.

In contrasto con Tönnies, Georg Simmel (1890) ha invece sostenuto che la società moderna possiede una sorta di unità e non è completamente frammentata in tante Gesellschaft. Simmel affermava che la modernità ha contribuito a creare degli individui con una personalità maggiormente sociale, proprio grazie alle maggiori possibilità di stringere relazioni sociali in un’era moderna che non li assorbe completamente in una comunità.
Se questi tre grandi sociologi scrivevano a cavallo tra il XIX° e XX° secolo, le analisi sul concetto di comunità degli anni seguenti non si sono discostate di molto da questa visione dicotomica, anche se man mano si sono rese meno assolute e più aperte, anche nel concepire la comunità non come forzosamente limitata entro confini spaziali.

Rimane comunque il fatto che, almeno fino agli anni ’80 del XX sec., gli approcci allo studio delle comunità presupponevano sempre lo spazio fisico condiviso come una caratteristica necessaria al loro sorgere.

I sociologi della Scuola di Chicago mostrarono come le città caotiche e apparentemente “anomiche”, fossero invece composte da un mosaico di quartieri più piccoli, ognuno con i propri confini e i propri valori di comunità (Park, Burgess e McKenzie, 1925).

Ancora nel 1974, fa notare Fernback, Elias e Scotson affermavano che l’essenza della comunità è il creare una casa e che le comunità erano essenzialmente organizzazioni di “home-makers”, che vivevano insieme in unità residenziali, villaggi, quartieri, campi di tende, carovane.
Il legare il concetto di comunità direttamente con la condivisione di un luogo, presuppone un’interpretazione funzionalista del concetto stesso: una comunità nasce solo tra persone che vivono in una particolare località geografica, in quanto la loro interdipendenza, basata sulla condivisione di interessi, valori, ruoli, comportamenti e vita economica, lo richiede.

Come accade spesso per le spiegazioni di tipo funzionalista, anche questa ha la pecca di non essere così esaustiva e di non chiarire se lo spazio condiviso è un effetto dell’essere interdipendenti o viceversa. Un funzionalista risponderebbe che non è questa la questione, che l’importante non è capire causa ed effetto, ma come l’interazione tra lo spazio condiviso e l’interdipendenza sociale ed economica portino all’integrazione e alla riproduzione della comunità.

Nell’ottica del presente lavoro di tesi, però, il fatto di capire se l’avere uno spazio fisico condiviso sia un elemento necessario a che si possa parlare di comunità, è di vitale importanza in quanto l’oggetto di ricerca è una comunità che si incontra online in un luogo “virtuale”, anche se si vedrà come questo termine non sia il più adatto, che di fatto è un non-luogo4.

La risposta a questo dilemma la sociologia l’ha data cambiando in parte il modo di intendere il concetto di comunità, e passando dal concepire la comunità come luogo a comunità come simbolo, introducendo nello studio delle comunità la tradizione dell’interazionismo simbolico.
Come ogni costrutto sociale anche la comunità ha una sua dimensione simbolica: le caratteristiche materiali, geografiche ed ambientali sicuramente le danno forma, ma sono gli esseri umani, i suoi membri, ad infondere ad essa un significato, un senso, facendola diventare un simbolo. E’ stato l’antropologo Anthony Cohen (1985) tra i primi a concepire la comunità come un conglomerato di codici normativi e valori che danno origine al senso di identità dei propri membri, spostando l’attenzione dalla struttura e dalla funzione della comunità, al suo significato per i membri. Non è solo più la parte materiale e fisica della comunità a definirla, ma lo sono soprattutto i suoi membri.

Questo è un risultato importante per l’indagine sulle comunità virtuali, le quali sono ora considerate come, per usare le parole di Fernback (1999: 210),  entità di significato, acquisendo il “diritto” di esistere nel ciberspazio, nonostante non abbiano uno spazio fisico. Inoltre l’avanzamento della ricerca sulle comunità online, caratterizzata sempre di più da un esame ravvicinato delle interazioni tra i membri, ha contraddetto la convinzione che la compresenza fisica sia necessaria per interazioni intime di qualità (Cerulo, 1997).




4  E’ curioso notare che se ci si fa tentare da uno spirito eccessivamente attento alle definizioni dei termini, si ottengono degli effetti curiosi: se si definisce il concetto di spazio come puramente fisico, e non anche con la sua accezione figurativa, si finisce per dover definire la realtà online come un non-spazio, un non-luogo, termine che richiama subito alla mente la parola utopia, nome ufficialmente coniato da Thomas More nel 1516, componendo le parole greche ū (non) e tópos (luogo). Che il ciberspazio sia un’utopia?


Tesi di Laurea:
"Apprendimento e pratiche in una comunita’ virtuale di auto-mutuo aiuto. Ruolo della tecnologia nel sistema sociale di apprendimento di una comunità AMA online."

di Francesca Menegon


- Università degli Studi di Trento -
- Facoltà di Sociologia -
- Corso di Laurea Specialistica in Lavoro, Organizzazione e Sistemi Informativi -