Si può parlare di "comunità di pratiche online"?
Una volta definito il legame tra comunità di pratica e
apprendimento, la prossima domanda a cui rispondere è se si può parlare
di comunità di pratica online, visto che il contesto in cui le comunità
online nascono e si sviluppano manca di alcuni degli elementi di cui
abbiamo parlato prima. In rete difficilmente si possono condividere
esperienze, eccetto quella di comunicare: pertanto, le tre modalità
dell’apprendimento (immaginazione, coinvolgimento ed allineamento)
devono tutte essere espresse tramite la parola scritta o comunque il
linguaggio.
E’ vero che internet offre altre possibilità oltre a quelle della semplice forma scritta (come i newsgroup, i forum, le chat, le mailing list, le e-mail private): esistono, infatti, le webcam, che ci permettono di parlare e vedere il nostro interlocutore; e, ma forse questo sarà alla portata di tutti solo in futuro, la realtà virtuale, che promette di trasmetterci non solo concetti, ma anche le sensazioni che possono arrivarci dai sensi finora non coinvolti nell’interazione in rete, quali l’olfatto, il gusto e il tatto.
Per quanto riguarda l’uso di webcam, è vero che l’apprendimento potrebbe avvalersi, oltre che del linguaggio, anche di dimostrazioni visive, le quali difficilmente potrebbero però riprodurre l’interazione apprendista-esperto che si ha nella realtà e che così importante per acquisire l’expertise; per quanto riguarda poi la realtà virtuale, essa è ancora una tecnologia in fase embrionale e poco diffusa.
L’interazione in rete, quindi, avviene principalmente tramite il linguaggio e questo sicuramente la differenzia dall’interazione offline. Con ciò non si vuole incorrere nello stesso errore del sostenitori del paradiga RSC (Reduced Social Cues), che vede l’interazione mediata dal computer come socialmente povera, in quanto le caratteristiche tecnologiche del medium stesso comportano una scarsità di informazione relative al contesto sociale in cui avviene la comunicazione e, di conseguenza, una scarsità di norme (Sproull, Kiesler, 1986).
Quello che si vuole
sostenere è che l’interazione e l’azione online sono diverse da quelle
offline e che, pertanto, per raggiungere gli stessi risultati, come ad
esempio creare delle pratiche condivise ed un sistema sociale di
apprendimento, esse richiedono tempi e modalità differenti.
Nell’elenco
delle modalità di comunicazione che la rete offre non sono stati citati
i MUD e la loro evoluzione, i MOO, cioè ambienti sociali digitali, o
mondi finzionali multi-utente, che offrono ai propri “abitanti” la
possibilità di creare mondi digitali e di popolarli, vivendo ed agendo
in essi come i personaggi di un gioco di ruolo7.
Anche per questo tipo di interazione in rete, l’azione avviene sempre tramite il linguaggio, tramite quelli che vengono definiti “atti linguistici performativi” (Austin, 1987), cioè azioni espresse in linguaggio che interferiscono con il mondo narrativo, mutandolo, creandolo o distruggendolo (Giuliano, 2002). E’ chiaro che atti di questo tipo possono essere gli unici possibili in un modo fatto di linguaggio come quello online.
Proprio su un MUD è stato condotto uno dei pochi studi in Italia che si interroga se una comunità di gioco come quella di un MUD possa essere una comunità di pratiche come inteso da Wenger. I risultati dello studio sembrano confermare questa ipotesi in quanto ogni gruppo di gioco diviene una comunità di pratiche per il fatto stesso di essere nato dalla decisione di condividere volontariamente delle regole che definiscono il proprio spazio di gioco. Inoltre il fatto stesso che il mondo di questi MUD sia creato dai giocatori stessi con parole che diventano azione, fa sì che ogni creazione, sia essa un’azione compiuta da un personaggio o un oggetto che arricchisce il dominio di gioco, divenga subito parte di quel mondo, della cultura della comunità, di tutti (Arata, citato in Giuliano, 2002).
Come vedremo, anche la comunità di auto-Mutuo Aiuto sulla fobia sociale oggetto di indagine in un certo senso ha creato, tramite la narrazione, un proprio mondo e delle regole che lo governano. Sempre tramite atti linguistici performativi e con l’aiuto delle possibilità messe a disposizione dalla tecnologia informatica, essa ha dato vita a delle pratiche condivise e, forse, ad un primitivo sistema sociale di apprendimento.
Ma prima di addentrarci in questa analisi sul
campo, affronteremo un altro capitolo introduttivo che illustrerà
brevemente quali sono le principali teorie sulla CMC.
7 Essi sono principalmente giochi di ruolo ambientati in mondi fantastici. L’acronimo MUD all’inizio significava Multi-User Dungeons poiché il gioco aveva molte affinità con il gioco di ruolo Dungeons & Dragons. Successivamente la decodifica dell’acronimo è stata cambiata in Multi-User Domains per sottolineare l’introduzione di modalità di gioco ed interazione che non hanno più nulla a che vedere con Dungeons & Dragons. I MOO sono MUD che favoriscono la creatività e un’interazione più libera tra i giocatori, in quanto utilizzano un linguaggio di programmazione Object-Oriented (Giuliano, 2002).