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Il modello SIDE (Social Identity DE-individuation)

Uno dei fenomeni che l’approccio RSC faticava a spiegare era l’alta frequenza con cui la CMC veniva usata per scopi ricreativi, anche in ambiti task-oriented. Se la CMC fosse stata effettivamente povera socialmente, come sarebbe stato possibile avviare una comunicazione di questo tipo, così ricca di contenuti sociali?

Sempre nell’ambito della psicologia sociale, a partire dall’inizio degli anni ’90, si sviluppò un nuovo approccio che, partendo dalle critiche rivolte a quello RSC, si proponeva di rispondere agli interrogativi lasciati irrisolti.

Il nuovo approccio è stato chiamato SIDE (Social Identity DE-individuation)9 e contesta principalmente all’approccio RSC la confusione tra la dimensione sociale e quella interpersonale. La larghezza di  banda di un mezzo di comunicazione non ha niente a che fare con la capacità di trasmettere indici sociali che, invece, sono spesso dedotti da informazioni presenti nell’intestazione o nella firma del messaggio, o da conoscenze precedenti, o dallo stesso contesto della situazione comunicativa (essere in un forum sulla difesa dall’estinzione di un insetto raro, già ci dice molto sui possibili frequentatori). L’approccio SIDE ammette, però, che alcuni codici tipici della comunicazione interpersonale, soprattutto quelli non verbali come le espressioni del viso, e gli effetti visibili delle emozioni, siano limitati dalla CMC. Queste mancanze vengono spesso colmate, inventandosi altre strategie comunicative (per esempio l’uso degli smileys), che sopperiscano e che portino allo stesso livello di empatia e comprensione10.

Il modello SIDE fa poi un’altra distinzione: quella tra identità personale (cioè la propria personalità unica ed individuale) e le varie identità sociali, che uno stesso individuo può assumere in riferimento ai gruppi e ai contesti in cui si trova. Ma la cosa più importante è che questa distinzione spiega, per i sostenitori del modello, come mai in alcune situazioni la de-individuazione provocata dalla CMC (che per l’approccio RSC significava riduzione degli indicatori sociali, livellamento e anomia) può portare a comportamenti iper-sociali, più rigidamente normati rispetto alla “normale” relazione FtF.

L’attenzione è infatti posta sul contesto sociale in cui avviene l’interazione: quando il contesto chiama in causa gli attori come singoli individui, viene enfatizzata l’identità personale; mentre quando il contesto chiama in causa le identità sociali e i ruoli, gli individui tendono a seguire più rigidamente le norme sociali del gruppo di riferimento.

L’attenzione al contesto sociale piuttosto che alla larghezza di banda, allontana il modello SIDE da un’impostazione deterministica: se è vero che la CMC comporta una de-individuazione e un certo “anonimato visivo”, le conseguenze sociali di ciò variavano enormemente a seconda del contesto dell’interazione.

Alla base di questa affermazione vi è, infatti, una concezione dei processi sociali di tipo più cognitivo e meno strutturalista. Il sociale risiederebbe nella nostra mente e non tanto nella compresenza fisica degli attori o nella larghezza di banda di un medium comunicativo.

Per concludere con questa breve esposizione del modello SIDE, va detto che esso risponde all’affermazione, tipica dell’approccio RSC,  che la CMC sia intrisicamente democratica, sostenendo che l’anonimato della CMC può sì proteggere chi non ha potere ma, allo stesso tempo, è uno strumento molto adatto al controllo e all’esercizio del potere stesso, in quanto particolarmente consono alla formalità delle relazioni di potere e delle strutture di comando.




L’approccio venne sviluppato in particolare da Martin Lea e Russell Spears: Spears et al., 1990, De-Individuation and Group Polarization in Computer-Mediated Communication, in “British Journal of social Psycology”, 29, pp. 121-134; Spears e Lea, 1992, Social Influence and the Influence of the “social in Computer-Mediated Communication, in M. Lea (a cura), Contexts of Computer-Mediated communication, Harvester Wheatsheaf, Hemel Hempstead; Spears e Lea, 1994, Panacea or Panopticon? The Hidden Power in computer-Mediated communication, in “Communication Research”, 21, 4, pp. 427-459.
10  Non è detto che per raggiungere gli stessi livelli di empatia e comprensione serva più tempo nella CMC piuttosto che nella comunicazione FtF: ormai è risaputo che molti frequentatori di forum e chat su internet arrivano ad avere livelli di intimità e conoscenza reciproca maggiori, e ottenuti in minor tempo, rispetto agli altri tipi di interazione.


Tesi di Laurea:
"Apprendimento e pratiche in una comunita’ virtuale di auto-mutuo aiuto. Ruolo della tecnologia nel sistema sociale di apprendimento di una comunità AMA online."

di Francesca Menegon


- Università degli Studi di Trento -
- Facoltà di Sociologia -
- Corso di Laurea Specialistica in Lavoro, Organizzazione e Sistemi Informativi -