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Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione

Problematica dell’accesso: haves e have nots

Le ICT possono contribuire inoltre a migliorare le due dimensioni fondamentali dei processi democratici: l’informazione e la partecipazione.

Con il termine partecipazione si intende la realizzazione di una situazione in cui l’individuo contribuisce direttamente o indirettamente a una decisione politica, ma nella maggior parte dei casi il contributo è indiretto e si estrinseca nella scelta del personale dirigente.

La partecipazione, per essere tale, deve incidere sulla struttura del potere; per questo la democratizzazione è un processo senza sosta e l’opposizione, o contestazione pubblica istituzionalizzata, ne è il segno (Dahl, 1986).

Secondo Rodotà (1997) le opportunità offerte dalle ICT determinano la nascita di quella che egli chiama Tecnopolitica, intesa come inclusione progressiva di un numero crescente di cittadini in un sistema democratico dove, finalmente, assumono con pienezza il ruolo di protagonista (ivi, pp.10-12).

Tale concetto richiama l’idea di democrazia continua che nel tempo dovrà dirigersi verso quella che Barber (1984) chiama “Strong Democracy”, democrazia dove la “forza” è rappresentata dai cittadini attivi, messi in grado di partecipare alla decisione.

Utilizzando il concetto di democrazia continua, ci si riferisce anche all’uso di strumenti che si differenziano da quelli di tipo rappresentativo, perché vengono adoperati dai cittadini senza ricorrere a mediazioni, e che non si identificano con quelli della democrazia diretta, solitamente riferiti al momento finale di un processo decisionale.

L’accento viene, in questo caso, posto sull’intermittenza del processo politico relativo alla presenza dei cittadini e sul fatto che la continuità è affidata all’iniziativa diretta degli interessati.

Informazione e partecipazione, tuttavia, rappresentano anche un’occasione di differenziazione tra i cosiddetti haves e have nots.

Ciò che le nuove tecnologie possono fornire alla realizzazione di una democrazia diretta, dove la forza è rappresentata dai cittadini attivi messi in grado di partecipare effettivamente ai processi di decisione, deve essere valutato considerando anche la problematica dell’accesso. Solo alla presenza di un accesso universale si può parlare di democrazia elettronica, digitale: tutti debbono avere la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione e di accedere ai servizi offerti, indipendentemente da altri fattori, specie di natura economica.

La diffusione delle ICT crea uno squilibrio tra paesi ricchi e paesi poveri, venendo meno a quello che dovrebbe essere l’obiettivo comune da raggiungere, ossia che esse debbano assicurare uno sviluppo economico sostenibile, un rafforzamento del benessere pubblico e un aumento della coesione sociale (Ocse, 1991).

Ancora oggi i dati mostrano come vi siano ampi strati di popolazione che, per deprivazione economica o culturale, risultano tuttora esclusi dall’effettiva possibilità di accedere ai vantaggi informativi delle nuove tecnologie.

I dati insomma confermano l’esistenza di un “gap” economico, culturale e tecnologico tra Nord e Sud, un digital divide determinato, appunto, da quello che Rodotà (1996) definisce “analfabetismo tecnologico”. Come in passato c’era un processo di esclusione, anche formalizzato, per il quale chi non sapeva leggere o scrivere non poteva votare, così oggi esiste il rischio che coloro i quali non conoscono l’uso delle nuove tecnologie, rimangano esclusi dai processi socialmente rilevanti e che possono poi diventare politicamente determinanti.

Il superamento degli squilibri tra haves a have nots potrà ridursi solo quando sarà garantita a tutti la libera fruibilità dell’informazione, che diventa una delle precondizioni più importanti del processo democratico.

La presenza nelle società di dislivelli di conoscenza, di reddito, di collocazione territoriale, altera il sistema della comunicazione, distorcendo l’intero processo democratico; non bisogna considerare tali squilibri solo come conseguenza della diffusione delle nuove tecnologie, ma anche come effetto degli interessi di mercato delle grandi aziende private, le cui azioni mirano a dominare i servizi telematici.

Oggi la rete, Internet, è una struttura sostanzialmente anarchica, aperta ed interattiva, lungo la quale si sviluppano senza sosta nuove comunità elettroniche potenzialmente in grado di partecipare ed influire sulla vita amministrativa e politica.

Il mercato lasciato a se stesso può tagliare fuori fasce di popolazione, gruppi sociali, aree territoriali nelle quali non è conveniente fare arrivare le tecnologie (problema del trasferimento di tecnologie).

E’ perciò necessario regolare il mercato, affinché la fruibilità delle risorse sia diffusa, rendendo il servizio telematico alla portata del maggior numero possibile di cittadini. La via da seguire comporta la realizzazione di politiche tariffarie favorevoli ai cittadini e di localizzazione dei servizi disponibili, promuovendo anche iniziative di alfabetizzazione informatica volte ad eliminare i fattori che producono disuguaglianze.

Il digital divide, dunque, oltre che attraverso uno squilibrio nell’accesso, passa anche attraverso un uso ed un’interpretazione delle nuove tecnologie che gli stessi soggetti elaborano (reinventabilità di Internet).

Il vero impegno per consentire una più ampia partecipazione alla vita politica e alle altre attività pubbliche presenti in rete consiste nella creazione di una cultura di Internet, che sia condivisa da tutti i soggetti. Deve nascere, crescere e circolare la consapevolezza circa la rilevanza dell’uso delle nuove tecnologie della comunicazione nella vita degli individui. La cultura di Internet deve così permeare la cultura del mondo declinata nella sua quotidianità in modo che sia sempre più facile sfruttare le mille opportunità offerte (Bentivegna, 2002, pp.64-65).

C’è bisogno di un rinnovamento della cultura poiché, come è noto, la conoscenza si presenta come una condizione necessaria per l’avvio stesso di un processo democratico. E’ sempre più evidente che la disponibilità di informazioni ha in sé un valore democratico, perché permette la trasparenza e la diffusione del potere, consentendo anche il controllo di chi prende le decisioni.

Importante diviene non più solo il momento della selezione delle informazioni, ma soprattutto il tema della completezza delle stesse.

Nel nuovo mondo della comunicazione la vera democrazia non si realizza solo nell’ampiezza dell’accesso, ma anche nella natura dell’accessibile. Bisogna perciò stimolare l’avvio di un processo di mutamento, di evoluzione della società dell’informazione in società della conoscenza, cercando di collocare in una dimensione collettiva le opportunità offerte ai singoli dalle nuove tecnologie.


[1] World wide web: archivio interconnesso di siti in Internet. Esplode nel 1993 con l’introduzione di un programma chiamato “Mosaic” che consente di “sfogliare” con estrema facilità ed immediatezza le pagine multimediali di Internet.

[2] Concetto elaborato da McCombs e Shaw in un saggio del 1972, “The agenda-setting function of the mass media”, per descrivere il fenomeno attraverso cui i mass media indicano i temi su i quali avere un’opinione.

[3] Ricordiamo ad esempio il meccanismo del coockie: letteralmente “biscottino”. E’ una tecnologia attraverso la quale un sito registra i movimenti e i link cliccati dall’utente, e crea così un file che viene lasciato nella memoria del computer dello stesso. Attraverso la lettura successiva di questi file il sito visitato ricorderà i movimenti e determinerà i banner pubblicitari che più potrebbero interessare il visitatore.


Tesi di Laurea in Comunicazione Politica :
"Democrazia e nuove tecnologie: rischi di esclusione e opportunità di partecipazione"

di Sara Cirulli


- Universita' per Stranieri di Perugia -
- Facolta' di Lingua e Cultura Italiana -
- Corso di Laurea in Comunicazione Internazionale -