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Digital Divide: un’introduzione

La nostra è un’epoca contrassegnata non solo dall’esplosione delle conoscenze e dall’incessante irruzione delle ICT, ma anche, incredibilmente, dalla presenza di notevoli disuguaglianze che non si riesce ad eliminare. Per un verso viviamo nella società dell’informazione caratterizzata dalla convergenza digitale tra l’industria informatica, quella delle telecomunicazioni e quella dei media, ma al contempo dobbiamo inventare i mezzi per evitare che si formi il redlining (Brugaletta, 1995), vale a dire la linea di possibile discriminazione nei confronti degli analfabeti informatici.

La preoccupazione non è peregrina se si pensa che c’è già chi sostiene che in sostituzione delle vecchie classi sociali e delle tradizionali distinzioni politiche, tende ad affermarsi nella nuova società una divisione in due gruppi: una classe alta, un’élite costituita da uomini tecnologici che sanno muoversi nel nuovo mondo, e una classe bassa, formata dai rimanenti soggetti.

Inclusione e apertura sono caratteristiche che hanno contraddistinto Internet fin dalla sua nascita [1], e che hanno alimentato il mito della rete democratica ed egualitaria, in grado di colmare le distanze geografiche e sociali tra le persone.

Mai una nuova tecnologia si era dimostrata tanto resistente a censure e controlli ed era riuscita a connettere e ad avvicinare anche gli angoli più remoti della terra.

Internet ha reso possibili nuovi tipi di relazioni sociali ed ha rivoluzionato l’accesso all’informazione.

La vocazione democratica di Internet sembrerebbe trovare conferma anche nella crescita impetuosa, senza precedenti nella storia dei media, che la rete ha conosciuto a partire dal 1994 - ai suoi esordi contava 3 milioni di naviganti, per lo più statunitensi; nel giro di un anno, nel 1995, raggiunge la cifra di 16 milioni di utenti; nel 2001 si arriva a circa 513 milioni (8,46% della popolazione mondiale) [2].

Quando Clinton e Gore lanciarono l’idea dell’Autostrada telematica, Internet era ancora un fenomeno marginale nella vita degli americani e le analisi che presagivano una sua diffusione capillare e un suo ruolo chiave nel corso del ventunesimo secolo erano considerate fantasie frutto dell’immaginazione dei tecnocratici (Tramanti,2003).

Questa rapida crescita, però, non è stata uniforme: le zone del mondo meno sviluppate non hanno potuto partecipare a questa crescita, a causa della povertà della popolazione, dell’assenza di infrastrutture, di restrizioni politiche o semplicemente per assenza di cultura tecnologica.

Queste considerazioni hanno alimentato la speranza che la rivoluzione innestata dallo sviluppo delle ICT, avrebbe contribuito a sanare alcuni dei problemi più urgenti delle società contemporanee. L’aspettativa maggiore riguardava il potenziale democratico delle ICT, la loro tendenza all’inclusione e alla partecipazione, che facevano prevedere una riduzione della distanza che separa paesi ricchi e nazioni sottosviluppate.

Queste speranze, però, sono ancora completamente disattese: la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anzi, sta ridisegnando le mappe di povertà e ricchezza, aumentando il divario già esistente tra Nord e Sud del mondo e creando nuove zone di esclusione, anche all’interno delle nazioni più sviluppate.

La possibilità o meno di accedere alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione determina differenze rilevanti tra le persone e le nazioni, disparità che si ripercuotono sulla qualità della vita e sulle opportunità professionali e culturali, andando ad amplificare, sul piano tecnologico, i tradizionali meccanismi di stratificazione sociale.

Quello che viene definito digital divide [3] non è un problema soltanto tecnico, che non si risolve possedendo oggetti (computer o altro) che consentono di connettersi ad Internet. E’ una questione molto più ampia, che mette in gioco una miriade di aspetti tra loro correlati: il saper leggere e scrivere, l’educazione e la formazione permanente, l’analfabetismo tecnologico, le abilità intellettuali e pratiche degli individui, delle minoranze e dei disabili, la padronanza dell’innovazione tecnologica, la produzione di contenuti, la qualità della vita, l’espansione di specifiche comunità, l’inserimento nel mondo del lavoro, la capacità di partecipare attivamente alla nuova economia, lo sviluppo di uno spazio di interesse pubblico e di servizi sociali governativi, la ricerca e lo sviluppo.

In breve la possibilità di crescita diffusa ed equilibrata (Morawski, 2001).

Generalmente con il termine divario digitale ci si riferisce alla separazione, causata dall’evoluzione continua e dall’impiego crescente della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, fra coloro che hanno familiarietà con queste tecnologie e coloro che non ce l’hanno. Tipicamente la misura di questa familiarietà è data dall’abilità e confidenza nell’uso di Internet, che è per antonomasia l’esponente della tecnologia digitale e delle sue implicazioni (Sommi, 2003).

Si riscontrano, comunque, sostanziali disparità anche tra i “connessi”, determinate dal differente grado di padronanza del mezzo e di libertà di azione che caratterizzano gruppi sociali e utilizzatori di diversa provenienza. Differenze permangono poi tra chi già utilizza il cyberspazio e chi non è ancora in grado di approfittare dei vantaggi offerti dalla rete. Infine, l’élite dei cybernauti si divide tra la minoranza di coloro che ha a disposizione una connessione veloce e quelli che devono ancora fare i conti con la lentezza della rete.

Divario, disparità, disuguaglianza digitale significano in sostanza la difficoltà, da parte di alcune categorie sociali o di interi paesi, di usufruire di tecnologie che utilizzano una codifica dei dati di tipo digitale rispetto ad un altro tipo di codifica precedente, quella analogica.

La disparità digitale è, in realtà, solo uno degli aspetti indotti dalla globalizzazione e molteplici sono le relazioni tra la diffusione di questa e la diffusione delle tecnologie dell’informazione.

Sicuramente le ICT non rappresentano la causa di tutti i cambiamenti che la società contemporanea sta vivendo, ma senza dubbio sono uno strumento senza il quale niente di ciò che sta cambiando sarebbe possibile.

L’accesso e l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rappresentano nella nostra società un prerequisito per lo sviluppo economico e sociale; sono considerati strumenti molto potenti, in grado di aprire nuove opportunità di sviluppo e di mettere in discussione alcune delle direttrici lungo cui si sono sviluppati i tradizionali rapporti di dominio e sfruttamento che hanno caratterizzato la società nell’epoca moderna. Le ICT, infatti, offrono enormi opportunità per eliminare povertà, per promuovere l’espansione economica, per aiutare i più deboli ad entrare nei mercati mondiali, per diffondere l’insegnamento a distanza a poco prezzo, per migliorare i centri di potere e consolidare le istituzioni democratiche. In sostanza, si è consolidata la convinzione che il divario digitale rappresenti anche un’opportunità da sfruttare, per consentire ai paesi più poveri di saltare alcune delle tappe che portano allo sviluppo.

Tesi di Laurea in Comunicazione Politica :
"Democrazia e nuove tecnologie: rischi di esclusione e opportunità di partecipazione"

di Sara Cirulli


- Universita' per Stranieri di Perugia -
- Facolta' di Lingua e Cultura Italiana -
- Corso di Laurea in Comunicazione Internazionale -