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La società dell’informazione

Il problema dell’esclusione digitale, ossia dell’impossibilità da parte di ampi settori della popolazione mondiale di accedere alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, emerge anche in seguito alla rilevanza che il fattore knowledge [1] ha assunto nella cosiddetta “società dell’informazione”.

La società dell’informazione si caratterizza per la diffusione delle nuove tecnologie telematiche e per l’affermarsi dell’informatica.

Il mutamento al suo interno, è indotto dalla diffusione dei computer e dai nuovi media comunicativi, la cui particolarità è quella di poter mettere in contatto tutti, in qualsiasi momento e in ogni luogo.

Tutto ciò porta, sempre più, verso nuovi modi di pensare il territorio, una nuova percezione dello spazio, in un ridisegno delle esperienze sociali, e nuove modalità di distribuzione di una straordinaria quantità di informazioni (Tramanti, 2003).

Anche in passato emarginazione dai flussi informativi ha significato, per individui e gruppi sociali, carenza di strumenti necessari a leggere la realtà e ad agire per modificarla in modo da assecondare i propri interessi. Questo è il motivo per cui l’accesso al sapere è stato spesso terreno di contesa, privilegio che le élite al potere hanno voluto riservare a se stesse.

Il problema – che si lega strettamente al problema di democrazia e di diritto di cittadinanza – è quello di allargare la capacità delle persone di utilizzare gli strumenti che permettono l’acquisizione dell’informazione, e quindi della conoscenza, e la sua efficace codifica.

Nella società dell’informazione diventa fondamentale il controllo dei codici che consentono di organizzare e decodificare mutevoli informazioni.

La conoscenza è sempre meno un sapere di contenuti per diventare capacità di codificare e decodificare messaggi. Questo controllo sulla produzione, accumulazione, circolazione delle informazioni non è distribuito in maniera uguale, perciò l’accesso alla conoscenza diventa terreno per nuove discriminazioni e nuovi conflitti (Sias, 2002, p.136).

Un alto numero di utenti che sia in grado di governare i nuovi strumenti di comunicazione e informazione non nasce dal niente, ma da un processo di alfabetizzazione e dalla effettiva disponibilità di accessi il cui costo non sia né culturalmente, né economicamente, né socialmente discriminante.

Tutto questo richiama la necessità di un’uguaglianza sociale di fondo, in cui vi sia un trattamento uguale per tutte le persone, le quali abbiano le medesime possibilità nelle prospettive di vita nell’istruzione, come nel lavoro, nella possibilità di sfruttare al meglio l’accesso ai servizi.

Nella società dell’informazione queste caratteristiche egualitarie sono legate alla conoscenza, alla capacità cioè, di usare le risorse sempre più legate ai nuovi strumenti di informazione che la tecnologia mette a disposizione, ma che non tutti sono capaci di adoperare.

Per l’utilizzo delle tecnologie informatiche e, in particolare per Internet, si pone innanzi tutto il problema di una politica di apprendimento e di educazione: il semplice accesso, infatti, non elimina i margini di incertezza legati al suo uso, che implica un’estensione illimitata dell’informazione.

La diffusione delle nuove tecnologie su base ristretta diventa immediatamente agente di discriminazione, riproducendo una forbice tra ricchi e poveri e rilanciando nuove differenze nell’acquisizione di conoscenze.

Una nuova tecnologia comunicativa che, potenzialmente, può aumentare il livello di informazione di tutti, stante le differenze culturali, si tramuta in beneficio soprattutto per chi è già provvisto di informazione, accentuando lo scarto con chi non lo è. I media, tanto quelli tradizionali che quelli nuovi, in mancanza di un programma politico-sociale adeguato, riproducono ed accentuano disuguaglianze sociali e culturali e danno vita a nuove ed incisive forme di iniquità e sviluppo diseguale. Si tratta soprattutto di un problema culturale, di “educazione” ai new media (ivi, pp.138-140).

La globalizzazione, in questo contesto, assume un significato complesso e va intesa come fenomeno culturale, come un insieme di esperienze che hanno la capacità di modificare luoghi e contesti in cui si radica la vita delle persone. Essa apre una prospettiva inedita, cosmopolita, permettendo a ciascuno di sentirsi a proprio agio ovunque (ivi, p.19).

La globalizzazione descrive in modo particolare lo sviluppo della nuova società dell’informazione, poiché coinvolge nei suoi processi tutto ciò che comprende l’azione sociale in generale, dalla sfera economica a quella politica e sociale.

Rimane comunque fondamentale la dimensione spaziale, in cui si nascono e si sviluppano relazioni interdipendenti tra soggetti anche molto distanti tra di loro [2].

Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione contribuisco a definire in parte il processo di globalizzazione, in quanto considerate non semplicemente nuovi veicoli di comunicazione, ma anche nuovi modelli culturali attraverso i quali si affermano la libertà di espressione e la libertà di circolazione dei flussi informativi e culturali (Freschi,2002, pp.31-36).

Nella società dell’informazione la produzione materiale viene praticamente sostituita dalla produzione intellettuale, e la conoscenza, attraverso l’informazione, ne diventa la componente caratterizzante.

Rispetto alla società industriale, la società dell’informazione segue altre direzioni: nuovi rapporti quotidiani, nuove forme di scambio sociale, nuove tipologie comunicative in cui un ruolo fondamentale è ricoperto dai media.

Il valore materiale diventa sempre più immateriale: dalla seconda guerra mondiale, nel giro di pochi anni, la società industriale, centrata sulla produzione in serie di beni materiali, ha ceduto il passo alla società postindustriale, centrata sulla produzione di massa di beni immateriali e informazione.

Assistiamo al passaggio da una società caratterizzata dalla produzione di beni ad una società sempre più dipendente dalla produzione e dalla manipolazione di informazione e cultura, alla quale segue una nuova divisione internazionale del lavoro, con il mondo sviluppato che ormai si limita a vendere informazione e il mondo in via di sviluppo ancora legato a produzioni di stampo industriale classico (Haraway,1995, pp.12-13).

“Il possesso e il controllo delle conoscenze è divenuto oramai per tutti i paesi uno dei fattori di indipendenza e di successo” (Carlini,1996, p.106). Non solo: “La conoscenza è, in maniera ben più vistosa di prima, una merce direttamente scambiabile e commerciabile. E’ insieme un fattore della produzione e un prodotto” (ivi, p.107).

Di qui l’importanza di accedere e padroneggiare con consapevolezza le nuove tecnologie digitali, ormai veicoli privilegiati di trasmissione di informazioni e saperi.

Nella società dell’informazione si può individuare da una parte una forte omologazione, alla quale corrisponde, dall’altra, un’accentuata differenziazione negli stili di vita e maggiori opportunità individuali.

Cambia la percezione della conoscenza che l’individuo ha di sé e del mondo che lo circonda. Il rapporto individuo-società cambia profondamente quanto rapidamente. L’uso delle tecnologie digitali e la comunicazione interattiva, contribuiscono a creare a livello globale un tessuto sociale completamente nuovo.

La tecnologia elettronica, priva di qualsiasi frontiere, rende permeabili la maggior parte delle comunità culturali, esponendole ad influssi esterni.

Tutto ciò ha una enorme azione democratizzatrice, poiché la tecnologia apre molteplici possibilità per aggirare il controllo di chi detiene il “potere” sul sapere e sull’informazione.

Con l’espressione società dell’informazione, quindi, ci si riferisce ad una visione sociale che sostituisce la società industriale, ponendo al centro come “risorsa strategica” l’informazione e la conoscenza, anziché l’energia e la tecnologia meccanica e la produzione.

La conoscenza e l’informazione diventano, dunque, i fattori centrali della nuova società e importante diventa anche considerarli come fondamentali per lo sviluppo di una partecipazione sociale dei cittadini concretamente attiva: “L’idea di società dell’informazione è stata elaborata in un periodo segnato da una forte crisi della vita politica […]. Essa dimostrerebbe che, se abbiamo perso, forse il controllo del nostro più vicino ambiente sociale, tale perdita è ampiamente compensata dalla cittadinanza globale […]. La società dell’informazione ci mette il potere della conoscenza a portata di mano […]; consente la costruzione di una democrazia diretta globale” (cit. in Freschi, 2002, p.27-28).

Castells (2002), ci ricorda, invece, come la rivoluzione tecnologica abbia provocato uno shock nella società industriale, trasformandola in società dell’informazione, in una società in rete. Le reti sono strutture aperte, capaci di estendersi all’infinito, andando a costituire una nuova morfologia della società, e la diffusione della massa in rete determina ampiamente il processo di produzione, d’esperienza, di potere e di cultura. I nuovi media, accelerando una tendenza già in atto con i primi media elettronici, come la televisione, e modificando la nostra percezione dello spazio e del tempo, cambiano il nostro modo di rapportarci allo spazio sociale. In questo modo la rete guarda ai cittadini come nodi di una rete internazionale, che supera i vincoli imposti normalmente dal tempo e dallo spazio, pur mantenendo il loro essere e, quindi, il loro patrimonio, fatto di tradizioni e cultura che contribuiscono a definire sia le identità individuali che quelle collettive.

Secondo il 34° rapporto sulla situazione sociale del paese – 2000, del Censis (2001), per poter sostenere una tale situazione è necessario individuare una “società ad apprendimento globale” nella quale lo scambio e la trasmissione di culture, di conoscenze, di innovazioni, di abilità, di esperienze e pratiche si realizzano attraverso le frontiere nazionali e culturali. Non è infatti la propaganda massiccia a favore della diffusione delle apparecchiature a favorire lo sviluppo del loro impiego, in quanto mezzi di comunicazione, ma è l’acquisizione delle competenze culturali necessarie all’impiego dei media come strumenti della produzione di simboli e messaggi a costituire il prerequisito fondamentale del loro successo.



[1] Così Carlini (1996, p.102) si riferisce all’informazione come fattore strategico.

[2] Va però considerato che è la dimensione economica e la sua declinazione liberista ad aver costituito il punto di riferimento nel modo comune di considerare la globalizzazione. Il processo di globalizzazione economica investe in modo differenziato luoghi e culture, concentrando lo sviluppo e la modernizzazione in alcuni luoghi e scatenando in altri reazioni di chiusura e accentramento, così per gli individui le opportunità di migliorare le proprie chances si distribuiscono in modo squilibrato.


Tesi di Laurea in Comunicazione Politica :
"Democrazia e nuove tecnologie: rischi di esclusione e opportunità di partecipazione"

di Sara Cirulli


- Universita' per Stranieri di Perugia -
- Facolta' di Lingua e Cultura Italiana -
- Corso di Laurea in Comunicazione Internazionale -