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Il linguaggio dell'interfaccia utente

In una prospettiva centrata sull'utente, il linguaggio di un'interfaccia deve essere progettato in modo da adeguarsi alle caratteristiche dell'operatore: la terminologia, gli elementi iconici e quelli grafici devono tenere conto delle sue esigenze sia fisiche, sia psicologiche e devono ispirarsi alle convenzioni dell'ambiente culturale cui egli fa riferimento.
Per quanto riguarda la terminologia, i dialoghi devono utilizzare la lingua madre dell'utente ed esprimersi descrivendo i vari eventi che si verificano dal suo punto di vista. Per esempio, una frase come "Impossibile eseguire il comando C072" spiega cosa è accaduto dalla prospettiva del sistema, ma risulta del tutto incomprensibile all'utente.

La ricerca della massima chiarezza espositiva non deve tuttavia indurre all'uso di un vocabolario piatto e limitato. Anche per questo aspetto bisogna considerare il tipo di utente per cui si progetta l'interfaccia: se si tratta di una persona esperta di un particolare dominio si possono, anzi si devono, usare i termini specialistici di quel settore; al contrario, se si tratta di una persona con difficoltà  espressive è bene tenere conto di questi limiti, evitando vocaboli al di fuori della sua portata. Anche la compatibilità  tra il formato delle informazioni in entrata e quello delle informazioni in uscita fa parte delle questioni relative alla comprensibilità  del linguaggio del sistema. I dati devono essere espressi in modo tale che l'utente possa interpretarli facilmente, senza ricorrere a traduzioni di scala o di formato.

L'interfaccia di un programma deve essere progettata in modo che l'operatore abbia il pieno controllo della situazione e possa decidere se lasciare l'iniziativa del dialogo al sistema o se trasferirla su di sé.
Nel primo caso, l'interazione può avvenire per mezzo di semplici domande a cui l'utente debba rispondere, preferibilmente scegliendo tra una serie di possibilità  predefinite; generalmente, si ritiene che questa soluzione sia adatta soprattutto ad utenti inesperti e che l'altra, invece, sia più efficace quando il sistema viene maneggiato da una persona già  piuttosto abile. Quest'ultima infatti, conoscendo approfonditamente le regole che governano un certo ambiente software, di solito preferisce guidare l'interazione secondo i suoi gusti e i suoi ritmi, piegando al massimo lo strumento alle sue necessità .

Con l'espressione linguaggio del sistema si fa riferimento non solo alle modalità  espressive che si basano sull'uso delle parole, ma anche a quelle che utilizzano elementi non verbali: le scelte grafiche condizionano pesantemente l'usabilità  di un'interfaccia.
Indipendentemente dal fatto che si opti per una rappresentazione tridimensionale o bidimensionale dell'ambiente interattivo, bisogna ricordare che le soluzioni adottate non devono essere fini a se stesse, ma subordinate al perseguimento di obiettivi funzionali. Sono da evitare, dunque, gli "effetti speciali" pensati per produrre impressioni suggestive, a meno che non servano anche a veicolare delle informazioni utili alla riuscita dell'interazione.

Durante la progettazione grafica dell'interfaccia, un metodo efficace per guidare l'utente ad una migliore comprensione delle relazioni tra gli elementi consiste nel basarsi sui principi derivanti dalla teoria della Gestalt.
Secondo i suoi sostenitori, il tutto è diverso dalla semplice somma delle parti che lo compongono, proprio in virtù della sua struttura d'ordine, che conferisce ai singoli elementi una funzione supplementare rispetto a quella che essi avrebbero se fossero considerati singolarmente. Secondo la psicologia gestaltica, alcune tendenze organizzative innate, chiamate principi di raggruppamento, predispongono naturalmente l'uomo a considerare elementi di uno stesso gruppo quegli stimoli che presentano tra loro un rapporto di vicinanza, somiglianza, chiusura, continuità  o comunanza. Un altro principio interpretativo riguarda il rapporto tra la figura e lo sfondo: la superficie più piccola e nitida viene generalmente interpretata come figura, mentre quella più grande e sfuocata come sfondo.

Sulla base di queste osservazioni è possibile disporre i vari elementi che compongono l'interfaccia in modo da enfatizzare sia le somiglianze che le differenze concettuali, così da guidare l'utente alla giusta interpretazione del tutto (S. Rossano, in Internetime 2002).
Il designer, servendosi di questi principi di progettazione grafica, può aiutare l'utente a focalizzare la sua attenzione sugli elementi realmente prioritari in un determinato momento, trascurando quelli secondari. Ai primi, infatti, si possono attribuire degli effetti per contrapporli agli altri e metterli in risalto: lampeggiamento, ingrandimento, movimento, contrasto cromatico sono solo alcune delle soluzioni attuabili per questo scopo.

L'efficacia di questi metodi è fuori di dubbio, tuttavia vanno usati con cautela: infatti, una delle difficoltà  maggiori nella progettazione dell'interfaccia sta proprio nel riuscire a contenere il ricorso alle tecniche di accentuazione appena illustrate, applicandole solo a quei casi in cui realmente servono.
Il motivo è facilmente intuibile: un'accozzaglia di oggetti lampeggianti su diversi sfondi multicolore ottiene esattamente il risultato opposto a quello sperato. L'utente, confuso, non riesce a stabilire alcuna gerarchia logica tra le parti, proprio come se tutto fosse ugualmente piatto e omogeneo.

Un discorso analogo vale anche a proposito dell'uso del colore: a questo riguardo, il primo consiglio per la progettazione di un'interfaccia ergonomica è di non esagerare: è meglio limitarsi a pochi colori applicati in modo intuitivo; inoltre, è bene verificare che l'interfaccia sia comprensibile anche in monocromia: infatti, circa l'8% degli uomini e l'1% delle donne soffre di daltonismo e quindi incontra delle difficoltà , più o meno gravi, nella distinzione delle varie tonalità .
Per questo conviene usare le differenze cromatiche solo per rafforzare delle informazioni già  trasmesse per mezzo di altre codifiche. Un altro aspetto da considerare è che, per la particolare conformazione dell'occhio umano, l'acutezza visiva nella percezione del blu è inferiore rispetto a quella del rosso e del verde: di conseguenza, è meglio non affidare a richiami di questo colore la trasmissione di informazioni importanti come, per esempio, i messaggi di errore. Infine, bisogna adeguare la scelta dei colori alle comuni convenzioni e alle aspettative dell'utente, in modo da assecondare le associazioni già  radicate nei destinatari del sistema.

Il colore è quindi un elemento metacomunicativo: costruisce un elemento di demarcazione e contestualizzazione della stessa, ne definisce un ambito semantico, incentra l'attenzione sui suoi punti fondamentali (menu, titoli di articoli).
Ogni colore ha un suo "peso" neurofisiologico e, di conseguenza emozionale: nel visual design, i tratti grafici costituiscono la grammatica e i colori la sua sintassi; per violare una di tali norme implicite serve un motivo valido: l'infrazione è ammessa, ma solo se è funzionale al perseguimento di obiettivi di ordine superiore.

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Tesi di Laurea:
"E-Learning: metodi, modelli e ambienti per l'apprendimento a distanza nella Società dell'Informazione"

di Maria Elisabetta Cigognini
eli.cigognini@fastwebnet.it

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- Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM -
- Milano Facoltà di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo -
- Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione -
- Giugno 2003-
- Facoltà di Ingegneria -
- Marzo 2003 -