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Sostenibilità economica del modello

Per anni il software libero è stato guardato dal mondo delle imprese con occhi particolarmente scettici. Sembrava assurdo che un modello basato sul contributo volontario di soggetti potesse raggiungere un livello qualitativo professionale e ancora più assurda pareva l’idea che una qualche azienda potesse guadagnare rendendo liberi i propri programmi. La Open Source Initiative ha avuto proprio il merito di avvicinare le imprese a questo modello, mostrando loro come potesse rivelarsi conveniente in diverse situazioni. Oggi imprese come Cygnus, basata su servizi di consulenza e assistenza su software libero/open source, Red Hat, azienda che commercializza la sua distribuzione di Linux e offre servizi su di essa, e Suse, una distribuzione tedesca, godono di ottima salute sul mercato. Aziende come IBM, HP, Corel hanno lanciato diversi progetti open source per soddisfare alcuni loro interessi commerciali. Netscape ha liberato il codice sorgente del suo Communicator quando la diffusione di Explorer guidata da Microsoft aveva ristretto drammaticamente la sua quota di mercato.

Green sostiene che il modello sia perfettamente spiegabile dall’ analisi economica:
The economics of Open Source software do not need any concepts other than those supplied by free market economies .

Bonaccorsi e Rossi  cercano di sfatare l’apparente assurdità di un modello che si sviluppa in un’industria caratterizzata da un’economia di scala sia da parte dell’offerta sia dal lato della domanda (la cosiddetta esternalità di network ).

La diffusione del modello in un contesto dominato dalla Microsoft, almeno nel mercato dei desktop, può essere spiegata attraverso un fenomeno di esternalità locale : un utente di un programma non è tanto interessato al numero di utilizzatori complessivi di un programma quanto al numero degli utilizzatori all’interno della sua cerchia di conoscenze. Prova di questo fatto è la presenza forte nel modello di una tecnica di pubblicizzazione peculiare: l’advocacy , strategia basata sulla fiducia interpersonale, in cui un’utilizzatore entusiasta del software libero introduce un conoscente in questo mondo, trasformandolo a sua volta in un potenziale “avvocato”.

Comunque, non dobbiamo cadere nell’errore di considerare il modello economico del software libero/open source come antagonista e in opposizione con il classico modello commerciale. Esso, infatti, non è un modello ottimale per tutte le aziende e la scelta di inversione di strategia non è priva di rischi e va valutata caso per caso.

In particolare il modello sembra essere ottimale per le piccole e medie imprese dotate di risorse limitate sia sul piano degli investimenti che su quello del personale, che si trovano a competere con imprese più grandi. Rendere open source il proprio software può voler dire per queste aziende beneficiare del contributo gratuito di bravi programmatori di ogni parte del mondo, rendendo possibile il supporto per le versioni sorpassate così come la creazione di nuovi prodotti di qualità. L’adozione del modello può anche essere utile per stimolare i propri dipendenti, inserendoli in una comunità informale di programmatori, caratterizzata da un’approccio alla programmazione creativo e anti-burocratico.

I motivi che spingono un’azienda, un’organizzazione o un privato a lanciare un progetto open source sono diversi, ma tutti “economici” a loro modo.

Come sottolinea Green:
The “market” is a handly short cut for the basis of free market economies: the supply and demand of a particular good or service. Note that the concept of “market” does not necessarily involve the concept of “money”. A market merely requires that there be a demand for a product, a supply of that product and some medium of exchange which may be yet another good or service .

Sono infatti numerosi i benefici che può trarre un’azienda dal partecipare ad un progetto open source.

In primo luogo, la libera distribuzione del codice sorgente può essere considerata un valore aggiunto al prodotto, nella misura in cui la sua disponibilità può essere utile al cliente per risolvere alcune sue problematiche.

Un’azienda o un privato che sceglie di utilizzare un prodotto open source, ad esempio, è rassicurata dal fatto che può sempre rivolgersi a terzi se l’azienda con cui aveva stipulato il contratto fallisce o fa un cattivo lavoro. Questa possibilità permette di mettersi al sicuro dagli altissimi costi necessari  per migrare da un software ad un altro, legati alla necessita di cambiare le procedure organizzative dell’azienda se queste sono guidate da un software e alla formazione dei dipendenti, abituati ad utilizzare lo stesso strumento da parecchi anni. Un altro vantaggio decisivo garantito dalla disponibilità dei sorgenti è la possibilità di adattare lo stesso software a nuove piattaforme hardware, consentendo all’azienda di aggiornare la tecnologia senza cambiare gli strumenti in uso.

L’adozione di un prodotto open source può inoltre garantire il beneficio di disporre di una comunità di sviluppatori volontari che costantemente testano il programma, lo ripuliscono dai bachi, creano nuove funzionalità e lo tengono aggiornato.

Se il codice sorgente rappresenta un valore aggiunto per i clienti, capace di spingerli all’adozione di un determinato prodotto, è necessario capire come una azienda di software possa riuscire a trarre profitto dai clienti raggiunti.

La Open Source Initiative indica quattro modelli principali per guadagnare o trarre vantaggio dal software libero/open source: “Support Sellers”, “Loss Leader”, “Widget Frosting” e  “Accessorizing” .

  • Il modello chiamato “Support Sellers” consiste nella vendita di servizi sul software,  che viene ceduto gratuitamente. I servizi comprendono in genere supporto generico per l’installazione e la manutenzione, consulenza, formazione dei dipendenti, customizzazione  del software e vendita di documentazione in formato cartaceo.
    Per la riuscita di una attività basata su questo modello gioca un’importanza fondamentale la capacità dell’azienda di imporre il proprio nome attraverso adeguate strategie di marketing. La competizione tra le aziende che si occupano di servizi sul software è spesso basata sull’affidabilità del servizio offerto e sul prezzo. Aziende di questo tipo, come Red Hat, spesso offrono delle distribuzioni dei programmi studiate per essere più semplici da utilizzare per il cliente. Storicamente, la prima compagnia che ha preso questa strada è stata Cygnus Solution, che offriva supporto per software GNU.
  • La strategia “Loss Leader” prevede il rilascio di un software sotto licenza open source come “apri-pista” per la vendita di altro software sottoposto a copyright. Il codice ottenuto attraverso il lavoro della comunità di sviluppatori può essere poi utilizzato dalla compagnia per migliorare la stabilità e la funzionalità del loro software commerciale. Questa strategia è utile anche al fine di rafforzare la reputazione della compagnia, far conoscere il nome dell’azienda e abituare gli utenti all’intera linea software dell’azienda. Per l’attuazione di questo modello è importante la scelta della licenza. L’utilizzo di licenze di tipo copyleft (come la GPL) va evitato perché richiede che il codice derivato sia nuovamente distribuito sotto la stessa licenza libera.
    La viabilità di questo modello è stata testata per la prima volta da Netscape.
  • Il modello chiamato “Widget Frosting”, invece, è tipicamente utilizzato da compagnie che vendono principalmente hardware. I programmi rilasciati da queste compagnie sono generalmente drivers e codice di interfaccia. Rilasciando in versione aperta questo software, sono maggiori le possibilità di allargare la fascia d’utenza dei dispositivi hardware che lo utilizzano. Un altro motivo che spinge le aziende ad adottare questa strategia è la possibilità di veder migliorare le caratteristiche del proprio prodotto hardware attraverso una ottimizzazione e un adattamento del software alle sue caratteristiche.
  • Con il termine “Accessorizing” si indica il modello utilizzato da aziende non direttamente coinvolte nella vendita di software o servizi su di esso ma che si occupano di vendita di materiale legato al software, come libri e documentazione cartacea. Queste aziende sono interessate all’espansione del fenomeno per poter guadagnare sulla vendita di accessori.

Oltre a questi modelli principali, indicati programmaticamente dalla Open Source Initiative, Frank Hecker  ne individua altri:

  • “Service Enabler”: in questo caso il programma che viene rilasciato sotto licenza libera serve come supporto ad un servizio web attraverso il quale l’azienda guadagna tramite pubblicità o quote di registrazione al servizio. Lo sviluppo libero garantisce una continua personalizzazione e aggiornamento del software, contribuendo a rendere allo stesso tempo più interessante e utile il servizio web offerto.
  • Il modello “Sell it, Free It” è composto da due fasi distinte: in un primo momento l’azienda distribuisce il software in forma proprietaria, per poi “liberarlo” in una seconda fase quando i benefici derivati da questa scelta superano gli introiti derivanti dalla vendita delle licenze.
  • “Brand Licensing”: un’azienda rende open source il suo software detenendo però i diritti sul nome del prodotto e sui marchi registrati. Le aziende intenzionate a creare versioni derivate del software usando questi marchi registrati devono pagare i diritti all’azienda che li detiene.
  • Il modello “Software Franchising” trae ispirazione dal modello precedente. Il software è distribuito in forma libera, ma l’azienda guadagna autorizzando, previo pagamento dei diritti, altri sviluppatori a creare aziende di consulenza e supporto sul software utilizzando il suo nome.

In linea generale, comunque, bisogna notare che la via dell’open source non rappresenta la strada migliore per tutte le aziende di software. L’adozione di un modello di distribuzione open source sembra essere particolarmente indicata per compagnie che detengono quote di mercato non molto alte e che vogliono allargare il loro bacino di utenza. In particolare il modello open source fornisce una possibilità in più per le piccole aziende che spesso si trovano in difficoltà a contrastare le risorse economiche, umane e di know-how delle grandi compagnie. Attraverso il modello open source, le piccole aziende non si trovano più sole a contrastare le grandi, ma possono contare sulla collaborazione con altre realtà. Infatti,
All of them share the same code base(…),and whenever one of them fixes a bug, or improves a package, all its competitors have access to the source code, and thus to the same fix or improvement. Therefore, projects and companies in the open source world are compelled to collaborate by the open source model .

Questa caratteristica sembra essere vitale soprattutto per le economie arretrate nel campo dell’ ICT (Information and Communication Tecnology) e può dare un notevole contributo alla riduzione del Digital Divide. Le aziende produttrici di software proprietario infatti, che si trovano a spendere cifre altissime per pagare i programmatori e per varare un progetto software, possono decidere di non investire tempo e soldi per implementare funzioni utili soltanto a paesi dove non si può contare nella presenza di economie di scala abbastanza robuste.

Attraverso il modello open source si può contare su una diffusione maggiore e meglio distribuita dell’ICT, fattore che nel tempo produrrà la nascita di nuove sfere di mercato non strettamente legate al campo informatico.


Tesi di laurea in Sociologia della Comunicazione:
"Il software libero Open Source. Una dimensione sociale"

di Andrea Todon


- Università degli Studi di Trieste-  
- Facoltà di Scienze della Formazione -
- Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione -

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