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Conclusioni

Nel 1991 Linus Torvalds, studente universitario di Helsinki, decide di mettersi al lavoro per creare un sistema operativo “libero” di tipo Unix che possa funzionare sul suo pc 386.

Le motivazioni che lo spingono in questa direzione sono svariate: la necessità di disporre di un sistema operativo su cui studiare senza spendere troppo per pagare le licenze di un sistema Unix proprietario, il desiderio di mettere in pratica le proprie abilità di progettista di sistemi operativi imparando “sul campo”, la voglia di mettersi alla prova e soprattutto di divertirsi in una delle attività per lui più stimolanti: la programmazione.

Inizia il suo lavoro partendo dal codice sorgente di Minix, il kernel di un semplice sistema operativo sviluppato dal professor Tanenbaum e rilasciato in forma “libera” per gli studenti.

Decide innanzi tutto di non fare tutto da solo, ma di appoggiarsi alla collaborazione di tutti i possibili interessati al progetto. E’ così che, sul newsgroup di Minix, dà l’annuncio del suo progetto agli utilizzatori di quest’ultimo, iniziando fin da subito a rilasciare alcune parti di codice e invitando gli interessati a collaborare correggendo i bug del codice sottoposto e aggiungendovi funzionalità.

Alcuni sviluppatori, incuriositi, iniziano a prendere parte al progetto, lavorando al codice del software e dando dei suggerimenti. Il progetto inizia ad essere seguito da un buon numero di persone, tanto che in breve Torvalds si toglie dal newsgroup Minix e ne crea uno interamente dedicato al suo progetto: alt.os.linux.

Lo stile di leadership di Linus Torvalds, al tempo unico manutentore del progetto, è esemplare: risponde velocemente ai commenti e alle proposte ricevute, si affretta a correggere e a rispedire a tutti i partecipanti al newsgroup le patch di debug ricevute e le nuove aggiunte, cercando di tenere vivo l’interesse al progetto, stimolando gli sviluppatori e responsabilizzandoli.

Nel dicembre 2001 esce la versione 0.11 del kernel Linux, la prima funzionante autonomamente e a partire dalla 0.12 viene rilasciato sotto licenza GNU GPL, ideata da Richard Stallman.

Da quel momento in poi il kernel Linux, insieme agli applicativi GNU, attirerà sempre maggiore interesse e verrà sviluppato da un numero sempre maggiore di sviluppatori, che potranno lavorare a parti di codice senza interferire gli uni con gli altri grazie al requisito della modularità del codice sorgente, fortemente voluto da Torvalds.

Lo sviluppo seguente di Linux è incrementato in proporzione diretta con la diffusione di Internet e la sua evoluzione ha riflesso in buona sostanza le istanze di tutti gli attori che hanno gradualmente iniziato a prendere parte al suo sviluppo, dai singoli programmatori, alle aziende, alle istituzioni.

La storia della nascita di Linux, nel suo piccolo, rappresenta una sintesi degli aspetti più interessanti del fenomeno del software libero/open source, dalle sue caratteristiche più feconde ai suoi limiti.

Ci parla di come nascono i progetti: dalla necessità di risolvere un problema individuale, dal piacere di programmare e dallo stimolo intellettuale derivante dall’impegno in un progetto ambizioso.

Ci parla anche dei diversi fattori necessari a garantire ad un progetto il raggiungimento dello stato di stabilità. Un delicato equilibrio fatto di strumenti legali, atti a preservare la proprietà collettiva degli artefatti; di architettura del codice, che attraverso la modularità permette il lavoro individuale degli sviluppatori senza interferenze reciproche; di regole di comportamento informali, che permettano l’innesco del meccanismo della reputazione tra pari attraverso lo scambio di “doni” dei quali viene resa nota la paternità a tutta la comunità, e che donino visibilità a quegli sviluppatori che considerano i progetti di software libero/open source una rampa di lancio verso il mondo del lavoro; di accortezza dei manutentori, che devono saper trattare i propri utilizzatori come delle risorse, facendoli sentire costantemente importanti per permettere il passaggio dalla partecipazione periferica dei semplici utilizzatori allo status di manutentori, attraverso un apprendimento graduale che prevede l’acquisizione di capacità tecniche e relazionali.

Alla base di questo equilibrio vi è l’infrastruttura di Internet, con la quale il movimento del software libero/open source ha da sempre costruito un rapporto sinergico. Senza la rete, che abbatte i costi - sia monetari che in termini di tempo - del donare e permette l’incontro di persone di ogni parte del mondo legate da interessi affini, il modello organizzativo open source non avrebbe mai visto la luce. D’altra parte la rete, privata dell’apporto di quest’ultimo, che ha stimolato l’ampia adozione di standard aperti e il fiorire di tecnologie multipiattaforma contrastando la frammentazione in sistemi proprietari, non sarebbe come la conosciamo: flessibile, aperta, distribuita.

Dalla storia della nascita di Linux capiamo anche che il movimento free software/open source ha rappresentato, fin dalle sue origini, un movimento di programmatori per programmatori, in cui la partecipazione al lavoro collettivo veniva messa in atto da persone con forti competenze informatiche e aveva il principale scopo di costruire strumenti per creare strumenti o programmi che risolvessero problematiche avanzate non ancora disponibili sul mercato. Dai primi tempi ad oggi abbiamo assistito ad una apertura della comunità ad un numero più ampio di attori, come testimonia la nascita di software gestionali per le aziende, di programmi di editing audio/video, dedicati ai designers e di numerosi programmi rivolti all’utente finale, con un notevole incremento dello stato di usabilità di quest’ultimi.

Nel chiederci se l’applicazione del modello free software/open source possa stimolare una maggiore consapevolezza ed un rapporto più partecipativo nei confornti degli strumenti telematici e possa essere estesa ad altri campi oltre a quello del software, suggeriamo che una variabile è sicuramente rappresentata dalla capacità delle comunità free software/open source di aprirsi il più possibile ad altri gruppi socio-professionali, dando forma ad un dialogo interdisciplinare, creando una sorta di sistema a vasi comunicanti che informi costantemente il pubblico più ampio delle istanze portate avanti dalla comunità stessa e, viceversa, permetta un ritorno alla comunità dei tecnici/sviluppatori delle esigenze degli utenti finali.

La nascita di movimenti affini al software libero/open source ma legati ad un’ambito meno tecnico, indicati con il nome di “open source intelligence” o “open content” va in questa direzione, lasciando aperti numerosi quesiti su come ri-articolare la forza organizzativa del modello in questione con le caratteristiche di questo tipo di artefatti.

In conclusione dobbiamo evidenziare che il fenomeno del software libero/open source, se da un lato offre dei grandi vantaggi relativi alla sicurezza, alla trasparenza, all’interoperabilità, alla promozione di standard aperti, comporta anche dei rischi: uno fra tutti la possibilità, in un contesto di proliferazione di soluzioni applicative adattate a contesti diversi, che venga a crearsi una situazione di dispersione e confusione dovuta alla mancanza di infrastrutture che permettano agli interessati il riperimento delle soluzioni adeguate.

In questo contesto si rivela importantissimo il ruolo delle istituzioni nel promuovere un’utilizzo consapevole alle tecnologie informatiche e nel creare delle strutture che sappiano informare e costituirsi come guide per la comprensione di un fenomeno variegato, complesso, in costante evoluzione.

Questa tesi ha cercato di rincorrere il fenomeno cercando di focalizzarne i punti chiave, sperando che possa contribuire alla creazione di una base solida per la ricerca futura.


Tesi di laurea in Sociologia della Comunicazione:
"Il software libero Open Source. Una dimensione sociale"

di Andrea Todon


- Università degli Studi di Trieste-  
- Facoltà di Scienze della Formazione -
- Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione -

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