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Utilità del software libero/open source nella Pubblica Amministrazione

Il software libero/open source ha richiamato negli ultimi anni sempre maggiore interesse da parte delle Pubbliche Amministrazioni (PA) europee. Si sono rivelate decisive in merito allo sviluppo di questa attenzione tre istanze principali:

  1. la nascita di applicativi open source di qualità in numerose aree di interesse delle PA .
  2. alcune caratteristiche cruciali intrinseche al modello di sviluppo stesso di questo tipo di software.
  3. le potenzialità insite in esso di stimolare l’innovazione nel campo dell’ICT.

Allo stesso tempo, la maturità raggiunta da alcuni progetti software e la loro crescente diffusione, insieme agli sforzi di tipo divulgativo messi in atto da organizzazioni quali la Free Software Foundation, la Open Source Iniziative e testate quali LinuxJournal, hanno contribuito a diradare quell’atmosfera di fear, uncertainty and doubt (FUD)  che si respirava nei primi anni della diffusione del software non proprietario.

Già diversi anni fa il panorama del software libero poteva vantare ottimi programmi nel campo del software d’infrastruttura . Nell’ambito delle networking segnaliamo il web server Apache (il più diffuso al mondo), il browser Mozilla, l’application server  Zope, il server DNS  Bind e il server di posta Sendmail.

Tra i sistemi di gestione di basi di dati (DBMS ) spiccano invece Mysql e PostgreSQL .

Bisognerà aspettare la seconda metà degli anni ’90 affichè il software a codice aperto possa costituire un’alternativa appetibile per le PA nel campo degli applicativi per l’utente finale. Fu solo da questo momento che vennero sviluppate le prime graphical user interfaces per Linux, Gnome e Kde, che hanno permesso l’utilizzo di questo sistema operativo anche agli utenti inesperti. Nel campo dell’office automation l’alternativa viene offerta da Sun Microsystems, che nel 2000 dà vita a Open Office, una versione open source della sua suite da ufficio Star Office, che allo stato attuale si è rivelato un programma di ottima qualità, ricco di funzionalità e basato su uno standard aperto, XML.

I benefici percepiti nell’adozione di software libero/open source da parte delle pubbliche amministrazioni vanno rintracciati soprattutto nel basso costo iniziale di azione, l’indipendenza dai fornitori, la sicurezza, la flessibilità e l’interoperabilità.

I costi iniziali dell’adozione di software open source si abbassano soprattutto in merito ai costi delle licenze e degli aggiornamenti. Molto spesso gli aggiornamenti del software proprietario vengono adottati non tanto perché apportano delle vere migliorie nel programma ma piuttosto per incompatibilità con le versioni precedenti.

Nel confrontare le spese di adozione da parte delle PA di software libero o proprietario non basta fare riferimento soltanto ai costi iniziali ma è bene valutare il TCO (Total Cost of Ownership). Con questo termine si intende prendere in considerazione non soltanto i costi delle licenze ma anche i servizi di consulenza e supporto, la formazione degli impiegati, i costi di gestione e, non ultimi, i costi di migrazione. Questi in particolare possono essere molto onerosi in quanto spesso richiedono una ristrutturazione dei modi operativi dell’ente e investimenti sulla formazione del personale. Il software libero si rivela un’ottima soluzione soprattutto nei casi in cui si necessita di software custom, ovvero realizzato su misura da qualche azienda per l’Amministrazione che ne fa richiesta. I costi di sviluppo in questo caso si abbassano molto proprio grazie alla contribuzione volontaria di sviluppatori da ogni parte del mondo (nella misura in cui il progetto riesca effettivamente ad attrarre un alto numero di partecipanti).

L’adozione di software a codice aperto può rivelarsi strategica in merito alle esigenze di indipendenza delle PA. L’apertura dei sorgenti dà alle Amministrazione la possibilità di affidarsi per il supporto alle aziende che preferisce, evitando di rimanere legata a tempo indeterminato all’azienda produttrice.

L’apertura dei sorgenti può allo stesso tempo fornire maggiori garanzie di sicurezza, rendendo possibile effettuare controlli sulla presenza di bachi e back doors.

Allo stesso tempo il software libero è generalmente dotato di una maggiore flessibilità, in quanto permette di apportare in maniera semplice personalizzazioni, estensioni delle funzionalità e adattamento ad altri sistemi.

Il software a sorgente aperto garantisce generalmente un alto grado di interoperabilità, termine con cui si indica la capacità di un sistema di condividere gli stessi dati con sistemi eterogenei. L’interoperabilità si raggiunge generalmente attraverso l’utilizzo di formati standard aperti. Con “formato aperto” intendiamo una “modalità di rappresentazione dei dati in forma elettronica, deliberatamente resa pubblica, completamente documentata e utilizzabile da chiunque” . Esso diventa “standard” quando è di fatto condiviso da un’ampia comunità. Non è scontato che tutte le aziende che sviluppano software proprietario utilizzino formati chiusi anche se è un comportamento molto diffuso, messo in atto al fine di avere un maggiore controllo sugli utenti nel corso del tempo. Alcuni formati chiusi proposti da programmi molto utilizzati sono diventati nel tempo standard di fatto, come i formati della suite Microsoft Office e il formato PDF dell’Adobe. Spesso una non perfetta compatibilità dei programmi open source con questi formati viene percepita come un problema di interoperabilità di quest’ultimi. E’ quindi pieno interesse delle Pubbliche Amministrazioni poter disporre di programmi che facciano uso di standard aperti, che assicurano indipendenza dai fornitori, alta interoperabilità e maggiore libertà di scelta per gli utenti. Inoltre, “i formati testo aperti standard (…) comportano l’ulteriore beneficio della persistenza, caratteristica importante per la tutela del patrimonio informativo nel tempo a fronte del mutamento tecnologico” . Il formato XML utilizzato dalla suite Open Office rende ancora più evidente questo beneficio attraverso l’associazione ad ogni dato di una descrizione in linguaggio naturale (metadato).

Nel giugno 2002, tra gli svantaggi derivanti dell’adozione di software open source da parte delle PA, l’Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione  segnalava l’instabilità del mercato, la carenza di applicazioni business e la carenza di drivers.

Crediamo che tali svantaggi non debbano essere considerati come punti deboli del software libero in sé, ma vadano interpretati come conseguenza della relativa giovinezza del modello. Se nei primi anni del suo sviluppo il modello dava vita soprattutto a programmi destinati agli sviluppatori e agli amministratori di sistemi, recentemente sono nate molte applicazioni di tipo business per merito del crescente interesse delle aziende. Se è vero che fino a poco tempo fa i produttori di periferiche hardware non fornivano i driver per Linux, dobbiamo far notare come in tempi recenti diversi fornitori abbiano iniziato a garantire supporto al sistema operativo open source. Esempi celebri sono IBM, Intel, AMD. Il problema dei driver è strettamente legato al grado di diffusione del software open source ed è destinato a scomparire in misura proporzionale allo sviluppo del fenomeno. Non vi sono invece motivi per ritenere che il mercato del software open source sia più instabile di quello del software proprietario. Il mercato del software a codice aperto ha dimostrato la sua sostenibilità e in particolari situazioni si è dimostrato una scelta ottimale. Non si può parlare quindi di maggiore o minore stabilità del mercato open source rispetto a quello tradizionale, quanto di viabilità dei rispettivi modelli in merito a condizioni specifiche e contingenti.

Da un punto di vista economico non è possibile stabilire a priori se l’adozione di software libero/open source da parte delle PA comporti spese più contenute: ogni singola Amministrazione dovrà considerare la sua situazione specifica, variabile in base alle infrastrutture hardware a disposizione, ai software di cui necessita, al grado di informatizzazione degli impiegati, alle spese necessarie per la formazione e alla possibilità di ripartire le spese con altre Amministrazioni.

Da una prospettiva più ampia basata su considerazioni di principio, attraverso l’adozione di software a codice aperto le Pubbliche Amministrazioni potranno beneficiare di una maggiore trasparenza, di una più ampia indipendenza dai fornitori, della possibilità di rimettere in circolo il software creato su misura, della possibilità di stimolare un circolo virtuoso di collaborazione tra Amministrazioni e istituzioni scolastiche e formative, ponendo il software utilizzato al centro dell’analisi e dello studio universitario e scientifico.


Tesi di laurea in Sociologia della Comunicazione:
"Il software libero Open Source. Una dimensione sociale"

di Andrea Todon


- Università degli Studi di Trieste-  
- Facoltà di Scienze della Formazione -
- Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione -

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