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Intelligenza collettiva e modello free software/open source

L’intelligenza collettiva descritta da Levy è “un’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta ad una mobilitazione effettiva delle competenze” . Il fine di questo tipo di intelligenza sta nel “riconoscimento e arricchimento reciproco delle persone ”, non nell’appiattimento delle individualità in una collettività massificata, uniformata e uniformante.

Non si tratta della costituzione di una grande mente onnicomprensiva e inglobante, quanto della valorizzazione di tutte le competenze individuali, alla ricerca della ricchezza della diversità dell’“altro”, attraverso uno spirito collaborativo proteso a “costruire insieme” a partire dalle differenze individuali.

Lungi dal fondere le intelligenze individuali in una sorta di magma indistinto, l’intelligenza collettiva è un processo di crescita, di differenziazione e di mutuo rilancio delle specificità.

Levy intravede la possibilità, grazie ai mezzi forniti dalle nuove tecnologie digitali, di attuare una gestione razionale delle qualità umane, che permetta una minimizzazione degli sprechi nel campo delle competenze degli individui. Le nuove tecnologie, che egli etichetta come molecolari, permettono un controllo gene per gene nel campo della scienza genetica, atomo per atomo a livello microscopico, bit per bit nel campo dell’informazione e del controllo dei flussi dei messaggi.

L’applicazione di queste tecnologie nel campo della regolazione dei gruppi umani permetterebbe quindi una valorizzazione del patrimonio umano “qualità per qualità”.

Gli individui si organizzerebbero autonomamente in base alle proprie competenze in gruppi tesi alla risoluzione di temi specifici, attraverso discussioni in tempo reale, interattive, basate sulla costruzione di un legame sociale tra i partecipanti.

Il progetto di Levy viene volutamente presentato in modo molto generale e vuole offrire soprattutto una traccia per un possibile sviluppo di nuove modalità di accesso al sapere basate sulla condivisione e sulla collaborazione reciproca.

Sul piano reale, molte sono state le applicazione degli strumenti telematici che hanno cercato di percorrere questa direzione.

Usenet  e i primi BBS , che si diffusero a macchia d’olio nei primi anni ’80, rappresentarono un primo esempio su larga scala di luogo virtuale di discussione retto da contribuzioni volontaristiche.

Questi primi sistemi hanno in particolare permesso il coordinamento su scala globale di gruppi locali di ogni parte del mondo legati da principi e valori comuni. Questi traevano dalle reti orizzontali due tipi di vantaggi:

  • la possibilità di discutere su progetti comuni e proporre iniziative coordinate.
  • la capacità di acquisire maggiore visibilità presso l’opinione pubblica.

Con lo sviluppo del World Wide Web a partire dagli anni ’90 e l’integrazione in esso dei vari sistemi di messaggistica sono aumentate sempre di più le possibilità per le associazioni no-profit di far sentire la loro voce a livello globale, proponendo temi di discussione e facendo emergere informazioni spesso trascurate dai media tradizionali.
Il modello organizzativo proposto dal movimento free software/open source rappresenta la punta di diamante di questo modo di concepire le reti telematiche in senso orizzontale e connettivo.

Gli elementi di novità di questo approccio rispetto ai precedenti vanno ricercati nei seguenti punti:

  • creazione di un corpus di artefatti collettivi che forniscono la base per il lavoro futuro e allo stesso tempo incorporano i principi regolatori del lavoro collettivo.
  • dotazione degli strumenti legali atti a preservare la dimensione collettiva degli artefatti (le licenze “libere”).
  • circolo virtuoso che trasforma gli artefatti derivanti dal lavoro collettivo in risorse per l’azione futura. Le soluzioni ad un determinato problema, rimanendo sempre accessibili e disponibili a tutti, possono essere direttamente riutilizzate senza svolgere ulteriore lavoro.
  • adozione di uno stile di collaborazione incentrato sulla modularità che, oltre a permettere  ad ogni individuo o gruppo di lavorare su un problema specifico senza interferire sul lavoro altrui, consente a ciascun partecipante di lavorare nell’ambito in cui si sente più ferrato.
  • possibilità di adattamento degli artefatti a problemi e bisogni specifici.

Il modello di cooperazione comunitaria proposto dal movimento free software/open source si avvicina, per quanto in un’ambito di interesse molto ristretto, alla soddisfazione dei punti indicati da Levy nella definizione di intelligenza collettiva.

L’intelligenza delle comunità open source è in primo luogo distribuita, in quanto messa in atto da individui provenienti da ogni parte del mondo. Il limite all’universalità di questa distribuzione è innanzi tutto di tipo politico economico ed è esprimibile in termini di divario digitale e di possibilità di accesso a Internet tra paesi del Sud e del Nord del mondo. Il problema non si esaurisce al puro accesso (dal punto di vista della presenza di infrastrutture tecnologiche e del costo per i cittadini) ma, come sottolinea Freschi, “è necessario anche promuovere un accesso competente, consapevole (…) e critico – altrimenti questo si rivela addirittura controproducente - proprio rispetto alle specificità del mezzo, che possono favorire tanto un uso attivo e interattivo, che un uso passivo di tipo nuovo (…), definibile in termini di interpassività”.

L’intelligenza del movimento free software/open source è continuamente valorizzata, nella misura in cui ognuno può contribuire, grazie all’approccio modulare, in base alle proprie competenze, affrontando i problemi che lo interessano maggiormente. La partecipazione può avvenire a vari livelli e anche i semplici suggerimenti o osservazioni degli utenti costituiscono una risorsa importante. Inoltre, molti progetti open source si stanno ulteriormente aprendo ad una visione a tutto tondo del software e stanno nascendo gruppi di lavoro che si occupano, oltre alle traduzioni e alla documentazione, anche del marketing del prodotto e della grafica.

E’ un’intelligenza valorizzata in tempo reale: i ruoli e le attività di ogni singolo partecipante sono ridefinibili giorno per giorno, in base ad un quadro contestuale che tiene conto delle esigenze e delle scelte di ognuno, delle decisioni prese a riguardo degli sviluppi futuri del progetto, dell’ingresso di nuovi partecipanti e dell’affacciarsi di nuovi problemi con i quali confrontarsi.

L’apertura del processo permette allo stesso tempo un’apprendimento continuo attraverso una condivisione ed uno scambio di conoscenze che oltrepassa le barriere verticali legate a ruoli rigidi e immobilizzati.

Il modello free software/open source si relaziona quindi alla società dell’informazione e della comunicazione in maniera duplice:

  • sul versante tecnico mette in atto una vera e propria apertura della scatola nera tecnologica, praticando un livellamento della frattura tra tecnologia e società e favorendo una riflessione critica sugli strumenti da parte degli utilizzatori.
  • da una prospettiva più ampia, fornisce un modello di lavoro collettivo e di condivisione della conoscenza applicabile a tutti i campi del sapere, non soltanto a quello del software.

La metodologia organizzativa del software libero, considerata nei suoi aspetti giuridici, economici e comunitari, è stata infatti presa ad esempio da una serie di iniziative e progetti che si stanno sviluppando e concretizzando in diversi ambiti.


Tesi di laurea in Sociologia della Comunicazione:
"Il software libero Open Source. Una dimensione sociale"

di Andrea Todon


- Università degli Studi di Trieste-  
- Facoltà di Scienze della Formazione -
- Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione -

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