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Il digital divide: un quadro introduttivo

Nell’affrontare il problema della penetrazione informatica nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) non possiamo non introdurre il concetto, ormai giunto alle orecchie di tutti, di digital divide. Con questo termine si fa riferimento al divario presente tra chi può e chi non può accedere (possedendone o meno le capacità) alle tecnologie informatiche. Esso è un fenomeno tipico non soltanto dei PVS, ma presente, anche se in forma meno accentuata, nei paesi che hanno visto una maggiore penetrazione delle tecnologie informatiche.

La questione del divario tecnologico può essere quindi suddivisa in due problematiche distinte:

  • un digital divide interno, riguardante le differenze tra individui all’interno dello stesso paese. Questo tipo di divide si articola in diversi fattori. Il maggiore o minore accesso alle tecnologie informatiche e alla rete Internet varia in base al reddito (ma il divario è più ampio nei PVS), alla razza (fattore molto presente in Sudafrica),  alla dislocazione territoriale, soprattutto nei termini di un forte scarto tra zone urbane e rurali, al livello di istruzione, all’età (in merito alla quale gli anziani sono generalmente svantaggiati), al sesso (in questo caso il gap dipende più dalle tendenze socio-culturali di ciascun paese che da ragioni legate al reddito) e all’handicap (che pone il problema dell’accessibilità degli artefatti informatici.
  • un digital divide internazionale, riguardante le differenze in termini percentuali di penetrazione delle tecnologie informatiche e di alfabetizzazione informatica tra diversi paesi e generalizzabile, in maniera imprecisa, nel divario tra paesi del nord e del sud del mondo. Si distinguono a questo proposito tre tipologie di paesi: paesi leader, caratterizzati da una infrastruttura informatica matura e da alti livelli di interconnettività; paesi adottanti, caratterizzati da bassa interconnettività ma da un buon livello di interconnessione; paesi ritardatari, in cui il livello di interconnessione è talmente basso da non permettere un’incremento del livello di interconnettività.

In entrambi i casi si configura come un problema non meramente economico, ma anche e soprattutto riguardante l’ambito della formazione e dell’insegnamento.
Consapevoli del fatto che gran parte dei Paesi in Via di Sviluppo deve ancora affrontare il problema ben più urgente della soddisfazione dei bisogni primari (la fame, l’acqua, la sanità, l’istruzione, l’elettricità), crediamo che la questione del divario tecnologico sia di importanza cruciale in uno scenario globalmente interconnesso e in presenza di un grande cambiamento all’interno di molte società riguardante il campo produttivo e organizzativo, in buona parte indotto dall’introduzione delle tecnologie informatiche.

Parlare delle “nuove” tecnologie informatiche significa innanzi tutto parlare della capacità di queste di immagazzinare, catalogare, selezionare, trattare enormi quantità di informazioni, con evidente influenza in qualsiasi campo dell’agire umano.

Il divario tecnologico non si riassume semplicemente nell’accesso fisico alle tecnologie, in termini di presenza di computer e connettività disponibili per l’utilizzo da parte di tutti in tutte le aree geografiche, ma anche in termini di acquisizione di competenze nell’uso degli strumenti, istanza che necessita di grossi investimenti di tempo e denaro nella formazione.

In questa sede non ci sarà possibile approfondire il tema complesso e variegato del digital divide: ci limiteremo ad evidenziare le prospettive tecniche, economiche e sociali derivanti dall’adozione di software libero/open source da parte dei PVS nell’ottica di una riduzione del divario tecnologico rispetto ai paesi maggiormente sviluppati.


Tesi di laurea in Sociologia della Comunicazione:
"Il software libero Open Source. Una dimensione sociale"

di Andrea Todon


- Università degli Studi di Trieste-  
- Facoltà di Scienze della Formazione -
- Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione -

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