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I metodi quantitativi

L’utilizzo dei metodi quantitativi in ambito educativo, è stato un argomento dibattuto fin dagli inizi del 900. Già Darwin aveva intrapreso gli studi sul comportamento animale cercando di studiarne meticolosamente le variabili e correlarle[4]. I primi lavori in ambito di ricerca quantitativa sono quelli di A. Binet che, ispirandosi ai lavori di Thorndike, applica i metodi come le procedure di controllo scientifico della validità dei risultati allo studio delle attitudini e del successo scolastico[5]. Gli anni sessanta assistono alla comparsa degli elaboratori elettronici che danno un grosso impulso alle tecniche quantitative e permette loro di consolidarsi. I metodi quantitativi non comprendono solamente i disegni sperimentali, ma anche tutti quegli strumenti che permettono un’ analisi statistica dei dati[6]. L’aspetto quantitativo all’interno della ricerca, può avere due tipi di approcci, trovare solamente pochi sostenitori e quindi non ottenere una giusta valorizzazione, oppure quello di divenire il tentativo di integrazione tra l’aspetto sociale e quello tecnologico[7].

Inoltre ripone la sua fiducia su operazioni di misurazione e statistiche. Le indagini di tipo quantitativo fanno uso sia di disegni di ricerca diversi tra loro, sia di metodi per l’elaborazione dei dati. Il loro scopo è quello di circoscrivere i problemi e attuare delle proposte per eliminare le concezioni stereotipate dell’educazione attraverso delle linee di tendenza che permettano di ottenere un’interpretazione dei dati e, di conseguenza, fornire dei possibili sviluppi sul loro andamento[8]. Questo campo di ricerca opera in ambiti numerici di diversa ampiezza con il solo fine che essi apportino un significato statisticamente valido. Uno dei problemi che spesso si trova ad affrontare è la verifica delle innovazioni educative che sono state sostenute sinora da un approccio tendenzialmente filosofico[9]. Con il metodo sperimentale, gli strumenti applicati rimangono distaccati dai soggetti interessati e dunque possono creare eventuali conflitti con il ricercatore. Al fine di ottenere dei risultati, è importante che sia ben chiaro l’oggetto che deve essere misurato, nominato variabile sperimentale[10]. La sperimentazione ha come obiettivo principale l’organizzazione sistematica del pensiero che ha come scopo il compimento di una ricerca[11]. Il metodo sperimentale deve soddisfare alcuni criteri di validità interna, esterna, di affidabilità e obiettività propri della ricerca, andiamo dunque a spiegare meglio di cosa si tratta:

· Per validità interna si intende la misura in cui le modificazioni di una variabile dipendente possano essere causate dalle modifiche apportate alla variabile indipendente.

· La validità esterna è intesa come la generalizzazione dei risultati tramite misure alternative.

· L’ affidabilità riguarda la stabilità delle osservazioni.

· L’obiettività presuppone che vi sia la possibilità di riprodurre artificialmente il mondo in cui vivono i soggetti.

Ci sono però alcuni fattori che possono inficiare i criteri di validità interna ed esterna, come la storia, gli effetti indotti, i cambiamenti negli strumenti, la mortalità del campione o la sua non rappresentatività[12].

Anche Lincoln e Guba nel loro lavoro "Naturalistic Inquiry"[13] hanno apportato dei contributi inerenti all’affidabilità della ricerca che riguardano il valore di verità, attribuibile alle risposte dei soggetti, l’applicabilità dei risultati in altri contesti, la consistenza inerente alla replicabilità delle scoperte effettuate mantenendo inalterati i soggetti e il contesto e infine, la neutralità determinata solamente dai soggetti e non dalle deformazioni del ricercatore. I mezzi utili alla rilevazione dei dati sono gli strumenti di osservazione e valutazione e le tecniche d’inchiesta, i primi si suddividono in check list cioè le schede di controllo nelle quali vengono inseriti i risultati delle osservazioni e in rating scales che servono per monitorare le attività[14]. In particolare, le prime sono composte da un elenco che durante l’indagine, serve per guidare l’osservazione. Questi strumenti vengono impiegati per analizzare vari aspetti come i metodi di lavoro, le reazioni degli studenti e le attività degli insegnanti. Vengono composte in base al livello di conoscenza che si ha dell’argomento. Le rating scales permettono di fare una valutazione quantitativa alle osservazioni che crea una classificazione dei dati. Questi strumenti però non forniscono delle indicazioni del tutto precise sugli intervalli che separano i gradi. Vi sono varie tipologie di rating scales che si identificano in scale grafiche le quali rappresentano i dati in un continuum, le scale numeriche in cui la valutazione si esprime con una cifra, e una loro combinazione. Si hanno anche le scale descrittive che si identificano con tabelle di valutazione e le scale concrete nelle quali chi valuta deve avere un parametro di rassomiglianza con altri elementi. La difficoltà che si verifica nella costruzione di una scala di valutazione è quella di riuscire a definire tutti gli aspetti del fenomeno. Generalmente viene utilizzata per tre scopi ben precisi:

Ø Ottenere un’osservazione oggettiva.

Ø Osservare chi e come la utilizza.

Ø Attivare un’ auto osservazione.

La procedura che sta dietro ad una scala di valutazione consiste nell’annotare ciò che si osserva e nel registrare i comportamenti in modo da risultare più neutrale e poterli così studiare considerando più punti di vista.

L’osservazione accompagna il ricercatore in tutto il suo percorso ed è basilare all’interno della triade che alterna esperienza e riflessione. Tuttavia non è attendibile come base documentaria trasferibile in vari contesti.

Questa metodologia può essere inficiata attraverso dei dispositivi che adottano criteri logici ed empirici i quali limitano l’osservazione. Un aspetto fondamentale dell’osservazione è l’Equazione Personale, cioè il condizionamento che si attiva tra osservatore ed osservato, ovvero la differenza tra il tempo in cui avviene un fatto e il momento in cui un soggetto lo percepisce[15]. Questo aspetto fa parte delle distorsioni che si creano nella sperimentazione[16].

In questa situazione, si crea una serie di feedback nei soggetti che tendono a modificare i rispettivi comportamenti, perciò si ha una certa difficoltà a mantenere l’obiettività. Un altro caso che si verifica in una prova sperimentale è l’ effetto Hawthorne o del recupero spontaneo caratterizzato dalle alterazioni emotive che vengono prodotte sul campione, infatti i soggetti modificano il loro comportamento per adattarsi alla prova. C’è anche un altro tipo di effetto detto Pigmalione o della profezia che si autoadempie[17] che è caratterizzato dalla predizione fatta da un soggetto sul comportamento di un altro e che si realizza. Si ha poi il cosi detto effetto Alone che consiste in una reazione stereotipata di natura affettiva che può avvenire sia in senso positivo che negativo. Per ridurre questo effetto si può ampliare l’intervallo dei momenti di valutazione oppure avvalersi del parere di esterni. L’osservazione deve essere prolungata e sottoposta ad una triangolazione sia sui metodi, sia sulle fonti, che sugli osservatori, può inoltre aiutare la costruzione teorica dell’oggetto in esame permettendo la scoperta di aspetti rimasti nascosti[18].

Ci sono anche delle tipologie di ricerche non sperimentali, definite descrittive, che hanno lo scopo di interpretare i dati rilevati dalle osservazioni e necessitano di una buona bibliografia, di queste ricerche fanno parte le tecniche d’inchiesta, il questionario e l’intervista;[19] il primo si compone di un certo numero di domande presentate in forma scritta, può essere sia a risposta chiusa che aperta, con un linguaggio chiaro e in una forma logica. A seconda dell’argomento che si vuole trattare varia anche il tipo di linguaggio, infatti vi è un tipo di linguaggio astratto che determina una caratteristica comune a più elementi e un linguaggio concettuale che viene usato quando si discute di rapporti tra oggetti o situazioni[20]. Sempre in base all’obiettivo del questionario si possono usare termini che non centrano in maniera diretta l’argomento e perciò si possono ottenere risposte non significative. Può riguardare le opinioni, i gusti e il comportamento dei soggetti che rispondono ai vari quesiti con un si o un no[21] e proprio per questo viene criticato di essere un mezzo poco fedele. È importante evitare le domande che producono acquiescenza, ovvero un assenso indotto o presupposizione. Le domande di un questionario devono essere coerenti alla ricerca. Il suo utilizzo non è molto diffuso in quanto non dà una garanzia sulla sincerità dei soggetti[22]. Per ciò che riguarda invece la formulazione delle domande, è importante tenere presente che, in base a come viene formulata una stessa domanda, la risposta può variare, quindi bisogna tener conto del vocabolario e della sintassi. Ogni domanda deve contenere un unico argomento altrimenti si può ottenere una risposta equivoca.

Una stessa domanda può essere ripetuta a livelli alternati e sotto diverse forme in modo da constatare le reazioni alle risposte. L’utilizzo del questionario si effettua solamente quando si ha già una conoscenza sull’oggetto, è uno strumento che prende in considerazione variabili e risposte standard, rispetto all’ intervista. Prima di somministrarlo infatti sarebbe opportuno aver chiaro il motivo e l’obiettivo che si vuole raggiungere. In linea generale si può dire che prende come punto di riferimento un fenomeno nel quale vi è un soggetto classificabile. La sua applicazione consente di individuare delle componenti sconosciute e perciò occorrerebbe prevedere gli stati d’animo dei soggetti ai quali viene sottoposto[23]. La tipologia di domande di un questionario è varia, ci possono essere domande aperte[24] nelle quali il soggetto non è condizionato nella risposta perchè ha un ampia libertà, in questo tipo di domande però chi risponde può trovare delle difficoltà di carattere interpretativo e dunque di collocamento categorico. Nelle domande a risposta chiusa si vuole sapere un’ informazione precisa e quindi si ha una maggiore specificità nel formulare il quesito. Il soggetto è chiamato a scegliere fra più risposte, ma lo svantaggio di queste domande è che possono fornire risposte che i candidati non avrebbero mai scelto. Nel momento in cui le risposte sono un numero preciso e vengono selezionate dal ricercatore, siamo di fronte a domande strutturate. Questi questionari vengono suddivisi da Dautriat in domande con alternative fisse e domande tout court[25], inoltre delinea dei punti che servono per formulare le domande a seconda dello scopo, sia che riguardi il controllo sia la non presenza di errori all’interno della frase[26]. Questo aspetto deve essere correlato anche alla omogeneità dei quesiti, ci deve anche essere la possibilità di ottenere i dati. È importante anche la qualità delle domande, perciò il quesito deve essere sintetico per non rischiare un calo di attenzione da parte di chi può aver già risposto ad altre domande[27]. Una volta costruito non deve essere considerato definitivo, questo aspetto rimane legato al tipo di obiettivo che si pone il ricercatore. Inoltre sarebbe opportuno che avesse un’introduzione esemplificativa.

Un questionario, rispetto ad un’ intervista, ha la possibilità di essere utilizzato mettendone in evidenza due aspetti importanti, la comodità e l’economicità. Quando viene somministrato può porre dei problemi legati per lo più al tempo e alla fedeltà delle risposte. Un aspetto negativo del questionario è che non riesce a prendere in considerazione tutti gli aspetti di un problema a causa del limite di numero di domande che vengono poste anche in base a come l’intervistatore ha percepito una situazione. In ricerche molto estese inoltre, non tutte le persone possono rispondere, perciò si rischia la rappresentatività del campione. Il questionario deve essere prima di tutto provato, testato e poi diffuso. I metodi quantitativi per effettuare l’analisi dei dati, si servono principalmente della statistica. Questi metodi, hanno la possibilità di adottare procedure controllabili in modo intersoggettivo, quindi possono provare a dare delle basi solide alla scoperta scientifica[28].




[4] Mantovani S e Gattico E. La ricerca sul campo in educazione, i metodi quantitativi, Mondatori, 1998

[5] Università degli studi di Torino,op cit

[6] Mantovani S e Gattico E.op cit ,pag 76

[7]Trisciuzzi L, Corchia F, Manuale di pedagogia sperimentale metodi e problemi, 1995, Ets, pag 99

[8] Mantovani S e Gattico E. op cit pag 79

[9] Ibidem, pag 109

[10] Trisciuzzi L, Corchia F, op cit, pag 71

[11] Ibidem, pag 22

[12] Mantovani S e Gattico E.op cit, pag 66

[13] Lincoln.Y e Guba.E, Naturalistic Inquiry, 1995, Beverly Hills, Ca Sage, 1985, in A Calvani Ricerca azione on-line: nuovi modelli per l'innovazione e la sperimentazione educativa

[14] Trisciuzzi L, Corchia F, op cit ,pag 73

[15] Ibidem, pag 66

[16] ibidem

[17] Ibidem, pag 69

[18] Calvani A., Ricerca qualitativa e costruttivismo: tra vecchie questioni e nuovi paradigmi, in Studium Educationis, Cedam, Padova, 2, 1998, pag 231-241

[19]. Calvani A., Elementi di didattica, Carrocci, Roma, 2000, pag 195

[20] Mantovani S e Gattico E.op cit, pag 127

[21] ibidem

[22] Trisciuzzi L, Corchia F, op cit ,pag 90

[23] Mantovani S e Gattico E.op cit pag 119

[24] Ibidem, pag 121

[25] Dautriat, il Questionario, Franco Angeli, Milano, 1995, pag 36 in Gattico e Mantovani op cit.

[26] ibidem

[27] Mantovani S e Gattico E.op cit, pag 133.

[28] G. Delli Zotti, in Cipolla, De Lillo op cit, pag 148

Tesi Laurea di Rachele Pierotti

 "La ricerca azione on line: programmi collaborativi tra scuole in Italia"

 Relatore: prof. Antoni Calvani


Corso di Laurea di 1° livello per Formatore Multimediale

Facoltà di Scienze della Formazione

Università degli Studi di Firenze

anno accademico 2003-2004